Ecologia

Il vero costo dell'avocado

Su toast, nel guacamole, in insalata: il frutto-feticcio di Instagram ha un impatto ambientale astronomico in termini di impronta idrica, deforestazione, impiego di pesticidi e condizioni di lavoro di chi lo coltiva.

Basta aggiungerne qualche fetta nel piatto per ottenere il pasto perfetto, sano e popolare sui social. Eppure la febbre globale per l'avocado è un fatto recente: a lungo considerato una primizia esotica per le tavole aristocratiche, il frutto è approdato nei supermercati negli anni '70, complice l'arrivo negli Stati Uniti di lavoratori dall'America Latina, ma è diventato "di moda" solo nell'ultima decina di anni, grazie a una certa fotogenicità, alla fama di superfood e a un'abile opera di marketing.

Crescita insostenibile. Secondo la FAO, la produzione globale di avocado è più che raddoppiata dal 1993; nello stesso periodo, la domanda negli Stati Uniti è triplicata, e oggi un americano medio ne mangia circa 3,4 kg all'anno. In Italia, il consumo di avocado è passato dalle 3.600 tonnellate del 2007 alle oltre 13 mila del 2016 (+261%).

I Paesi con l'appetito maggiore per l'avocado (oltre agli USA, Canada, Regno Unito ed Europa settentrionale) sono anche quelli con il clima meno adatto a coltivarlo. E le aree in cui questo frutto incredibilmente assetato d'acqua cresce (Messico, Cile, Perù, Colombia, Repubblica Domenicana, California, Kenya) sono in larga parte anche quelle più colpite da siccità, povertà, traffico di droghe e sfruttamento iniquo del lavoro agricolo.

Un cesto di avocado raccolto a San Isidro, nello stato messicano di Michoacan, dove si concentra la produzione del frutto. Dal Messico proviene il 40% degli avocado in commercio. © Reuters/Carlos Jasso

Acqua rubata. Si stima che occorrano circa 70 litri di acqua per far crescere un singolo avocado: più di tre volte quelle necessarie per ottenere un'arancia, 14 volte quelle che servono per un pomodoro. In Cile, un Paese in cui l'acqua potabile è in gran parte privatizzata, e quasi l'80% di essa è impiegata in ambito agricolo, chi gestisce le grandi piantagioni di avocado nella regione di Petorca ha installato pozzi e canali illegali per trasportare l'acqua dei fiumi fino ai campi, causando una siccità senza precedenti e lasciando agli abitanti dei vicini villaggi solo poca acqua consegnata da mezzi su ruote, spesso contaminata.

Un'indagine satellitare condotta nel 2011 dalla Dirección General de Aguas (DGA) cilena ha rivelato l'esistenza, nella regione, di almeno 65 canali ricavati diversi metri sottoterra, che portavano la totalità dell'acqua dei fiumi locali verso pozzi privati. I vertici di alcune compagnie agroalimentari sono stati condannati per aver violato il diritto fondamentale all'acqua della popolazione cilena. Con le ondate di calore e gli effetti dei cambiamenti climatici, i problemi di questo tipo sono destinati ad aggravarsi.

Tagli alle foreste. In Messico, per gli agricoltori la coltivazione di avocado è diventata un'opportunità economica talmente vantaggiosa, da alimentare la deforestazione delle distese di conifere tropicali per far posto alle giovani piante di avocado: queste operazioni stanno avendo un impatto devastante sulla fauna locale che si rifugia tra questi rami, come per esempio sulla farfalla monarca che qui migra nei periodi invernali.

Frutti di avocado maturi. La pianta di avocado (Persea americana) richiede molta luce, e spesso fomenta una doppia deforestazione: all'inizio, per far spazio alle giovani piante; e durante la crescita, per liberarsi dai rami degli altri vegetali, che le fanno ombra. © Shutterstock

Una bolla economica? Dal punto di vista economico e sociale, il timore è che possa accadere, con gli avocado, qualcosa di simile a quanto avvenuto con un altro popolare superfood, la quinoa. La diffusione mondiale di questo alimento negli anni 2000 portò i prezzi talmente alle stelle, che i suoi stessi coltivatori, in Sud America, non potevano più permettersi di mangiare la pianta erbacea che li aveva alimentati per generazioni. Era più conveniente venderla: ma presto sul mercato si diffuse un tipo di quinoa più a basso prezzo e di qualità inferiore, che lasciò i contadini con debiti ingenti e grandi quantità di terre ormai riconvertite.

Le mani dei narcos. Senza contare che l'oro verde (come viene chiamato l'avocado di Hass, una delle varietà più apprezzate) ha attirato l'attenzione dei cartelli della droga messicani, che vedono nel business la possibilità di estorcere denaro agli agricoltori. Una pianta di avocado matura in 7 anni e da quel momento in poi, ha un rendimento molto basso: produce circa 100 frutti all'anno. I coltivatori riescono a guadagnarci grazie alle oscillazioni stagionali dei prezzi (da 0,86 a 1,10 dollari a frutto), ma spesso una quota del ricavato finisce nelle mani di famiglie criminali.

Un lungo viaggio. A tutto questo si sommano i costi ambientali derivanti da imballaggio e trasporto dei frutti da queste aree tropicali alle tavole del resto del mondo. Per arrivare in Italia, un chilo di avocado messicani percorre 10.200 km circa, per un totale di 18,5 kg di anidride carbonica emessa in atmosfera.

Come comportarsi, da consumatori? Più che a spingerci a boicottare il consumo di avocado, questi dati possono renderci più consapevoli: sui rischi che elevare a "feticcio" certi alimenti comporta; sulla necessità di non lasciar andare a male in frigorifero un frutto che ha richiesto, per crescere, 70 litri d'acqua, 20 in più di quelli giornalieri consegnati alle famiglie cilene di Petorca sui camion cisterna; e sull'opportunità di acquistare prodotti alimentari che rechino marchi di certificazione etica.

2 marzo 2019 Elisabetta Intini
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