Ecologia

"Plastic Paradise", in un film tutto l'orrore dell'isola di spazzatura nel Pacifico

Le stime sulle dimensioni del Pacific Trash Vortex arrivano a 10 milioni di kmq. Un mare di rifiuti, soprattutto plastici, che la regista Angela Sun racconta per immagini. L'anteprima italiana all'Acquario Civico di Milano

Roma, 17 mar. - (AdnKronos) - L’invenzione della plastica sintetica ha dato il via all’era dei prodotti a perdere. Ermetica e incredibilmente malleabile, è stata un’invenzione perfetta, ma la sua durabilità è anche una maledizione, perché se a un fazzoletto di carta abbandonato in mare servono tre mesi per decomporsi completamente, una cannuccia di plastica impiega fino a 30 anni, un accendino da 100 a 1.000 anni e una bottiglia di plastica più di 1.000.

Ogni anno vengono prodotte circa 260 milioni di tonnellate di plastica e circa il 10% finisce in mare, il 20% proveniente da navi e piattaforme, l‘80% da terra. Un totale di 46mila pezzi di plastica galleggianti in ogni miglio quadrato di oceano, un vero e proprio mare d’immondizia lungo circa 2.700 km.

Risultato? All’inizio di questo secolo sono iniziate a circolare delle voci su un’isola di rifiuti plastici nell’Oceano Pacifico che la regista Angela Sun ha deciso di raccontare nel film "Plastic Paradise", in anteprima italiana il 18 marzo all'Acquario Civico di Milano.

Il Great Pacific Garbage Patch, o Pacific Trash Vortex, è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante, composto soprattutto da plastica nell’Oceano Pacifico, tra il 135° e il 155° meridiano Ovest e fra il 35° e il 42° parallelo Nord. La sua estensione non è nota con precisione: le stime vanno da 700.000 kmq fino a più di 10 milioni di kmq (tra lo 0,41% e il 5,6% dell’intero Oceano Pacifico).

Un background di biologa marina, Angela Sun ha fatto un viaggio in quello che dovrebbe essere un paradiso tropicale e che si è rivelato, invece, un ecosistema inondato da tonnellate di rifiuti plastici, esposti all’acqua di mare e al sole, che si frammentano in piccoli pezzi, scambiati per cibo da uccelli e pesci.

"Plastic Paradise" rivela come la verità che sta dietro al mito di questa immensa isola di plastica sia peggiore di quello che ci si possa immaginare. Una crescente miriade di coriandoli plastici, la cui pericolosità e tossicità sono confermate da scienziati ed esperti, sta distruggendo l’oceano e la catena alimentare dalla quale dipende anche l’uomo.

Secondo il rapporto dell’Unep (United Nations Environmental Programme) “Marine Litter: A Global Challenge” i sacchetti di plastica sono la quarta tipologia di rifiuti più frequentemente rinvenuti sulle spiagge del Mediterraneo (l’8,5% del totale), seguiti da bottiglie di plastica (9,8% del totale), sigarette e mozziconi. Sospinti dal vento e dalle correnti, i rifiuti viaggiano anche per centinaia di migliaia di chilometri.

Stime recenti indicano, nel Mediterraneo, tre miliardi di rifiuti galleggianti o addensati sui fondali, di cui il 70-80% sarebbe costituito da plastica (fonte: “Spiagge d’Italia: bene comune, affare privato” del Wwf).

Il Pacific Trash Vortex si è formato a cominciare dagli anni '50 a causa dell’azione della corrente oceanica (vortice Subtropicale del Nord Pacifico), dotata di un movimento a spirale in senso orario: il centro del vortice è una regione relativamente stazionaria del Pacifico che permette ai rifiuti galleggianti di aggregarsi tra loro. Rifiuti plastici non biodegradabili, che si “fotodegradano”, disintegrandosi in pezzi sempre più piccoli fino alle dimensioni dei polimeri che la compongono, la cui biodegradazione è molto difficile.

Questi frammenti non solo vengono ingeriti dagli animali marini entrando così nella catena alimentare, ma la fotodegradazione della plastica può anche produrre inquinamento da Pcb. Nel film la regista ripercorre anche le azioni condotte dagli attivisti per aumentare la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, insieme a chi combatte per risolvere il problema attraverso gli strumenti legislativi. E si parla anche di cosa c'è dietro al business del riciclo.

L’anteprima italiana del film è organizzata da Istituto Tethys, con la collaborazione dell’Acquario Civico di Milano e di Novamont. Al termine del film è prevista una discussione sui temi affrontati con la partecipazione di Giuseppe Notarbartolo di Sciara, presidente dell’Istituto Tethys; Maria Cristina Fossi, responsabile scientifico del Laboratorio di BioMarkers dell’Università di Siena e a capo del progetto Plastic Busters, un piano di mappatura analisi e divulgazione scientifica sull’inquinamento marino dovuto alle plastiche, e Roberto Ferrigno di Novamont.

17 marzo 2015 ADNKronos
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