Ecologia

Allarme Legambiente, in Italia 10 edifici a rischio idrogeologico

Dal tribunale di Borgo Berga di Vicenza alla casa dello Studente di Reggio Calabria, delocalizzare i luoghi dove è urgente intervenire

Roma, 18 giu. (AdnKronos) - In Italia esistono dieci edifici e strutture costruiti in aree a rischio idrogeologico da demolire o delocalizzare per scongiurare nuove vittime di frane e alluvioni determinate da eventi climatici estremi. A lanciare l'allarme sulla geografia del rischio di un'urbanizzazione che mette a rischio la vita di numerosi cittadini è Legambiente che oggi ha stilato un dossier dei luoghi "dove è urgente intervenire". Si va dal tribunale di Borgo Berga di Vicenza costruito tra due fiumi, alla Casa dello Studente di Reggio Calabria edificata all'interno di una fiumara, al Centro Multisala Cinema di Zumpano (Cs), edificato su una scarpata vicino al fiume Crati. Ma non solo. Nel report dell'associazione ambientalista sono compresi anche la Scuola di Aulla realizzata sul letto del fiume Magra, il centro Commerciale in provincia di Chieti, realizzato a soli 150 metri dall'argine del fiume Pescara, fino all'edificazione in area a rischio sul torrente Coriglianeto (Cs), senza tralasciare le segherie di Carrara, l'area artigianale di Genova e il deposito di materiali radioattivi di Saluggia.

"Sono questi -avverte Legambiente- i luoghi dove è urgente intervenire per scongiurare nuove tragedie ed effetti disastrosi". Si tratta, spiega l'associazione ambientalista, di "dieci luoghi ad alto rischio idrogeologico, dove già si sono succedute pesanti alluvioni e frane, e dove però sono stati costruiti edifici pubblici e privati, in grado, in caso di eventi climatici estremi, di amplificarne gli effetti mettendo a rischio la vita delle persone che in molti casi ci vivono e ci lavorano". Legambiente rileva che sono ben 6.633 i Comuni italiani in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico e oltre 6 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni, a causa della forte urbanizzazione che ha interessato anche le aree a maggior rischio. Dal 2000 al 2015, ricorda l'associazione, si sono verificati circa 2 mila eventi atmosferici estremi con frane e allagamenti che hanno causato la morte di più di 300 persone e richiesto uno stanziamento economico di oltre un miliardo di euro solo negli ultimi cinque anni.

"Per questo -afferma il vice presidente di Legambiente, Edoardo Zanchini- occorre cambiare le forme di intervento nel territorio e ripensare la pianificazione urbanistica attraverso la chiave dell'adattamento al clima". "Ce lo chiede da tempo la Commissione europea e ce lo consentirebbero -sottolinea Zanchini- anche i fondi strutturali 2014-2020. Si tratta però di un grande cambiamento culturale". "I cambiamenti climatici -avverte- ci obbligano a guardare in modo diverso al territorio, perché proprio la gestione sciagurata del territorio può contribuire ad aggravare i rischi per le persone e le cose".

Si tratta di vere e proprie bombe a orologeria in attesa del prossimo evento meteorologico, che mettono in pericolo vite umane e richiedono notevoli spese per riparare i danni, di anno in anno più elevate. Dieci casi simbolo con edifici collocati in aree R3 e R4 di rischio idrogeologico. "Tutti i soggetti coinvolti (Ministeri, Regioni, Autorità di bacino, uffici tecnici comunali, ordini professionali, associazioni di categoria, commercianti, artigiani, comitati e cittadini), dovrebbero avviare -chiede Zampetti- una concertazione con l'obiettivo di rivedere la programmazione degli interventi e predisporre opportuni vincoli sulle aree oggetto degli interventi di delocalizzazione, individuando soluzioni procedurali e economiche per realizzare gli interventi di demolizione e delocalizzazione".

18 giugno 2015 ADNKronos
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