Mentre la Nasa conferma che il luglio 2017 è stato il mese di luglio più caldo luglio dal 1880, ossia da quando si rilevano le temperature in modo scientifico e sistematico, con una temperatura di 0,83 °C al di sopra della media valutata per il periodo 1951-1980, una ricerca apparsa su Proceedings of the National Academy of Sciences dimostra come il cambiamento climatico in atto avrà un effetto negativo sulle colture fondamentali per la vita dell'uomo, in particolare grano, riso e mais. Lo studio è il risultato della revisione di oltre 70 ricerche realizzate per verificare la relazione tra agricoltura e riscaldamento globale.
Le ricerche hanno utilizzato una notevole varietà di metodi, dalla simulazione del modo con il quale le colture reagiscono alle variazioni di temperatura su scala locale e globale fino ai modelli statistici basati sulla resa delle colture in tempi storici (ossia documentati) e agli esperimenti sul campo che hanno fatto uso di tecnologie per il riscaldamento artificiale.
Adesso lo sappiamo. "I risultati ottenuti da tutti i metodi analizzati suggeriscono che l’aumento delle temperature ha un effetto negativo importante sul rendimento dei principali cereali: per ogni aumento di un grado celsius della temperatura media globale si stima una riduzione delle rese globali del grano del 6 per cento", si legge nello studio, condotto da un'imponente schiera di ricercatori.
Per lo stesso aumento di temperatura, a produzione di riso (una graminacea) si riduce del 3,2 per cento, quella del mais del 7,4 per cento. La coltura che sembra risentire di meno le conseguenze del riscaldamento globale è la soia (un legume), con una riduzione del 3,1 per cento.
Il fatto è che queste quattro colture sono la chiave della sopravvivenza dell’umanità, fornendo a livello globale i due terzi del nostro fabbisogno calorico. I ricercatori auspicano da un lato che venga fatto il possibile per limitare al massimo l’aumento della temperatura media globale, e dall’altro che si prendano le contromisure necessarie per soddisfare le esigenze alimentari dell’umanità, sapendo oggi quello che potrebbe succedere nell’arco di qualche decennio.