Ecologia

La chimica al servizio dell'agricoltura: quali conseguenze per l'ecosistema?

La chimica è preziosa per l'agricoltura, ma se di erbicidi e simili possiamo trascurare le conseguenze dirette sulla nostra salute, le ricadute negative sugli ecosistemi cominciano a essere ben delineate.

Pesticidi, erbicidi, insetticidi, chiamateli come volete ma è pur sempre chimica, e la chimica in agricoltura è onnipresente, oltre che oggetto di infinite controversie. Per alcuni, agricoltori e agronomi in primis, la chimica è indispensabile per garantire produzioni abbondanti e sicurezza alimentare, per l'oggi e per il futuro dell'umanità. Per altri, ambientalisti e attivisti, sono molecole di cui combattere l’uso e la diffusione, sono di dubbia utilità e, in ultima analisi, nocive per la salute umana. Per altri ancora, ecologi e i tossicologi, vanno considerati gli effetti sull'ambiente globale - e i giudizi, benché non "di parte", sono raramente positivi.

Una tipica controversia sulla chimica in agricoltura è per esempio quella sul glifosato: di questo diserbante, il più usato al mondo, abbiamo parlato in un lungo e approfondito articolo (Glifosato, tutto quel che c'è da sapere).

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Il modello molecolare del glifosato: C3H8NO5P. © Benjah-bmm27 / WikiMedia

In generale, però, la discussione pubblica attorno all'uso di questi prodotti è sbilanciata: nella maggior parte dei casi al centro del discorso si pone quasi esclusivamente l'impatto di questi composti sulla salute umana. È giusto, ma va anche detto che per la maggior parte della chimica autorizzata ad arrivare sui nostri campi gli studi non hanno, a tutt’oggi, rilevato grossi impatti sulla salute umana. I dubbi, che ci sono sempre, provengono invece dalla mancanza di valutazioni epidemiologiche a lungo e lunghissimo termine.

Una visione più ampia dell'impatto degli agrofarmaci (o fitofarmaci) sull'ambiente svela infatti un quadro variegato e complesso, che tracciamo qui sotto partendo da un prezioso lavoro dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l'Ispra.

Inquinamento diffuso. Un recente documento dell'Ispra, l'edizione 2018 del Rapporto nazionale pesticidi nelle acque, presenta diversi scenari correlati all'uso dei fitofarmaci, basati su dati del biennio 2015-2016. In Italia, in agricoltura si usano circa 400 sostanze differenti per un totale di 130.000 tonnellate l’anno. Anticipando un po' le nostre conclusioni diciamo subito che una delle prime complessità che si incontrano nel valutare l'impatto degli agrofarmaci sull'ambiente (lo si afferma anche nel rapporto) è che è molto difficile e complesso valutare effetti e peso ambientale di miscele di sostanze diverse.

"Nelle acque superficiali - si legge - sono stati trovati pesticidi nel 67% dei 1.554 punti di monitoraggio; nelle acque sotterranee, nel 33,5% dei 3.129 punti”. La presenza di sostanze chimicamente attive non significa che siamo circondati da veleni e moriremo tutti, perché le concentrazioni di queste molecole sono frazioni di parti per miliardo (µg/L): effetti nocivi sull’ambiente possono però manifestarsi anche a concentrazioni molto basse, senza contare gli effetti dell'accumulo.

Nel nord Italia troviamo le regioni dov'è maggiore la presenza di queste sostanze, rilevate nel 90% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali in Friuli Venezia Giulia e in più dell’80% in Emilia Romagna e Toscana. Che siano presenti molecole usate in agricoltura non è una sorpresa: quello che preoccupa è che in 371 punti di monitoraggio (il 23,9% del totale) sono state rilevate concentrazioni che superano i limiti consentiti. A essere protagonisti di questi sforamenti sono soprattutto erbicidi molto diffusi, come il glifosato e il suo metabolita AMPA (il prodotto della degradazione del glifosato).

Il glifosato sotto accusa. L’attenzione verso questo composto è ormai ampia, proprio perché è uno dei più diffusi e usati al mondo. Gli allarmi per la nocività diretta sulla salute umana sembrano esagerati, oppure non ancora chiariti: di diverso tenore sono però gli studi che riguardano gli impatti sull’ambiente. Ricerche di qualche anno fa avevano per esempio stabilito che il glifosato è presente nel suolo dell’Unione europea, con tracce dell'erbicida nel 21% dei terreni testati e di AMPA nel 42% dei territori sotto osservazione.

Risultati che non avevano destato particolari preoccupazioni, e poiché il glifosato agisce in particolare sulla crescita della pianta (inibisce l’attività di un enzima coinvolto nella sintesi di amminoacidi essenziali e della lignina), si pensava che fosse relativamente innocuo per le specie animali.

Che cosa succede agli animali? Studi di ecotossicologia hanno però stabilito che la sostanza può avere effetti molto gravi su molte e varie specie animali. Un esempio: già da qualche anno si conoscono gli effetti teratogenici (che causano sviluppi anomali degli organi nello sviluppo degli animali) nelle rane.

Uno studio del 2015 pubblicato su Environmental Toxicology and Pharmacology riporta gli effetti dell'erbicida su un organismo sperimentale, il danio zebrato (Danio rerio), un piccolo pesce d'acqua dolce: durante la crescita dell'animale si verificano riduzioni della testa e degli occhi, per via dell'interferenza della molecola con alcuni geni implicati nello sviluppo embrionale. Anche un piccolo pesce annuale (l'Austrolebias nigrofasciatus) che vive in Brasile può essere colpito dalla presenza del glifosato nelle acque: la sostanza, secondo un articolo apparso su Chemosphere, riduce la fertilità, la tolleranza ai cambiamenti di temperatura e anche la diapausa, cioè l’arresto dello sviluppo in condizioni ambientali difficili.

Effetti ad ampio spettro. Altri articoli scientifici riportano di effetti sul comune pesce rosso (Carassius auratus) e sul Jenynsia multidentata, un pesciolino d’acqua dolce, ma non sono solamente i pesci a essere colpiti: un lavoro del 2018 spiega come una miscela di composti comprendente un vecchio erbicida - il 2,4 D - e il glifosato possono ridurre enormemente le popolazioni di zooplancton nei laghi.

Il laboratorio di Ecofisiologia ed Ecotossicologia degli invertebrati marini del dipartimento di Biologia dell’università di Padova sta valutando infine anche che cosa accade anche a molluschi marini definiti di rilevante interesse ecologico e commerciale, come i mitili (Mytilus galloprovincialis) e le vongole (Ruditapes philippinarum). Per Valerio Matozzo, titolare dello studio, «il glifosato può alterare in maniera significativa importanti parametri degli emociti, ossia le cellule deputate alla risposta immunitaria dei molluschi, e l’espressione di alcuni geni coinvolti in importanti funzioni cellulari della ghiandola digestiva». Altri effetti negativi su rettili, uccelli, anfibi e mammiferi terrestri sono stati denunciati da diversi studi.

E se non fosse tutta colpa sua? Non è però immediato poter ricondurre tutto solamente al glifosato, perché nelle formulazioni usate in agricoltura la molecola originale è quasi sempre accompagnata da sostanze che ne aiutano la penetrazione nelle cellule, i cosiddetti surfattanti. Potrebbero essere queste ad avere effetti sul metabolismo degli animali e interferire sullo sviluppo embrionale e su altri parametri.

Per contro, una ricerca del 2010 ha invece stabilito che, iniettato direttamente nelle cellule, il glifosato ha lo stesso effetto di interferenza di alcuni aspetti del metabolismo. Altri studi sono comunque ancora in corso, per esempio sulla possibilità che l'erbicida possa provocare nei batteri del suolo alcuni fenomeni di resistenza agli antibiotici, come riportato da un articolo su Science of total environment.

È il minore dei mali? Una delle ragioni della vasta diffusione del glifosato in agricoltura è che ha sostituito altri erbicidi che avevano, sulle piante e sull’ambiente, effetti comprovati molto gravi, maggiori di quanto non sia al momento attribuito al glifosato stesso. Da qui la convinzione che il glifosato sia “meglio degli altri erbicidi”. Questo però non significa che sia una molecola che colpisce in maniera selettiva solo le piante dannose per le nostre coltivazioni, senza altri effetti sugli ecosistemi, e i lavori scientifici che si accumulano lo stanno dimostrando.

Perciò, se da una parte non c'è da temere di ritrovarsi col glifosato in tavola, non dobbiamo trascurare i suoi effetti diretti e indiretti sugli ecosistemi naturali o seminaturali (come sono quelli agricoli) e le interazioni con le specie che, invece, di questi composti subiscono effetti che potrebbero, a lungo andare, avere conseguenze anche per la saluta umana.

4 giugno 2018 Marco Ferrari
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