Roma, 21 mag. - (AdnKronos) - Agricoltura biologica in continua espansione nel mondo, in Europa e in Italia. A livello globale la superficie attualmente coltivata 'bio' è di circa 43,1 milioni di ettari, con una crescita del 12% rispetto al 2012, con in testa Australia (circa 17,3 milioni di ettari, pari al 35% circa della superficie biologica mondiale) ed Europa (circa 11,5 milioni di ettari, pari al 27% della superficie biologica mondiale). Dal 2012 al 2013 c’è stato un incremento di 0,3 milioni di ettari (+3%) della superficie biologica, che adesso occupa il 2,4% della superficie agricola totale.
Nell’Unione Europea il totale delle aree biologiche ammonta a 10,2 milioni di ettari; il numero dei produttori è pari 330mila unità. Nel mondo sono 82 i Paesi che dispongono di un regolamento di produzione e commercio del biologico. Lo rilevano i dati dell’Istituto di Ricerca sull’Agricoltura Biologica (Fibl) e della Federazione Internazionale per l’Agricoltura biologica (Ifoam). E in Italia?
Tendenza positiva anche in Italia, come confermano le statistiche fornite dal Sinab (il Sistema di Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica presso il Mipaaf), sia in termini di superficie (ormai a quota 1,3 milioni di ettari, +12,8% rispetto al 2012, circa un decimo della superficie agricola italiana), sia di numero di aziende (46mila produttori e oltre 52mila operatori), sia di fatturato (3,5 miliardi di euro, oltre il 2% delle vendite alimentari totali del Paese). L’Italia è al secondo posto in Europa e al quinto nel mondo per superficie biologica.
A fotografare lo stato dell'arte, un’indagine condotta dall’Ispra che conferma quanto l’agricoltura biologica vinca su quella convenzionale, in termini di biodiversità, di qualità delle acque e del suolo, di bilancio di gas serra, di uso e consumo delle risorse quali suolo, acqua ed energia. Nei terreni biologici, dove è proibito l’uso di fertilizzanti, pesticidi e erbicidi di sintesi, è possibile rilevare un numero doppio di specie vegetali rispetto a quelli convenzionali, fino al 50% in più di ragni, il 60% in più di uccelli e il 75% in più di pipistrelli.
Da un quarto di secolo, la produzione di alimenti bio è continuamente cresciuta in Italia, tanto che oggi l’Italia è ai primi posti in Europa per la produzione agricola bio e si colloca al secondo posto (dopo la Spagna, 1,6 milioni di ettari) per l’estensione delle aree biologiche, risultando anche tra i primi produttori al mondo di agrumi, olive, frutta (uva, ciliegie, pere, prugne, mele, melacotogne e albicocche), cereali e ortaggi.
E i cittadini apprezzano: il 60% dei consumatori italiani acquista bio. Nel 2014 si è registrato un netto incremento sia rispetto al 2012 (+5,8%) sia rispetto al 2013 (+4,5%).
Nei primi cinque mesi del 2014, nelle famiglie italiane i consumi di prodotti biologici confezionati nella grande distribuzione sono aumentati del 17% in valore rispetto ai primi cinque mesi del 2013, mentre la spesa agroalimentare complessiva ha subito una sensibile diminuzione (-1,4%).
L'analisi di Ispra dimostra che la produzioni dei suoli biologici è in media l'80% della produzione dei suoli convenzionali. Ma la variazione è sostanziale. Il divario di rendimento organico differisce in modo significativo tra i gruppi di colture (3% per il raccolto di frutta e il 35% per la verdura) e le regioni del pianeta. D'altra parte, lo studio mostra che i terreni sottoposti a forme intensive di agricoltura sono soggetti ad un calo della fertilità e della capacità produttiva.
Alcuni studi stimano che quasi il 40% dei terreni coltivati intensivamente andrà perso entro il 2050. Al contrario, i suoli organici tendono a mantenere le proprietà biologiche, fisiche e chimiche nel corso del tempo, contribuendo a mantenere la produttività e garantire la sicurezza alimentare a lungo termine.
Alcuni studi stimano che quasi il 40% dei terreni in cui si pratica l’agricoltura estensiva andrà perduto entro il 2050. Al contrario, i terreni biologici mantengono le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche nel tempo, contribuendo a mantenere la produttività e garantire nel lungo periodo la sicurezza alimentare.