L'incidente del 2011 al reattore nucleare di Fukushima, in Giappone, ha causato e continua a causare danni ambientali di ogni genere; e oltre al problema dello smaltimento delle scorie e di tutto il materiale contaminato, ora le autorità giapponesi si ritrovano di fronte a un'altra questione urgente appena accennata nel settembre 2019: che cosa fare dell'acqua radioattiva che sta rapidamente riempiendo tutte le vasche di contenimento che sono state approntate in loco? NewScientist racconta che la commissione che si occupa di questo problema ha raccomandato una soluzione che può sembrare assurda, ma che pare essere quella che causerebbe i minori danni ambientali: riversarla nell'oceano [Anche nel numero di Focus in edicola in questi giorni - dal 21 ottobre al 21 novembre - raccontiamo di questa ipotesi, ma l'articolo è stato scritto prima che la commissione esprimesse la sua posizione ufficialmente, ndr].
Corsa contro il tempo. A nove dall'incidente di Fukushima sono state recuperate e stoccate circa 1,2 milioni di tonnellate di acqua contaminata, che proviene sia dagli impianti del reattore sia dalla falda sottostante. Questo lago radioattivo in miniatura è custodito in un migliaio di vasche di isolamento, che vengono continuamente "rabboccate" da ciò che si estrae dalla falda: stando ai calcoli degli esperti dell'International Atomic Energy Agency, al ritmo attuale (circa 160 tonnellate di acqua in più ogni giorno) l'ex centrale nucleare raggiungerà il massimo della capacità di stoccaggio entro la metà del 2022, ed è perciò urgente decidere cosa fare di tutta quell'acqua.


Un oceano radioattivo? La soluzione è quella di riversarla nell'oceano in quantità controllate a partire dal 2022 e per i successivi decenni. I pescatori giapponesi (e molti Paesi che dal Giappone importano pesce) hanno già espresso preoccupazione, ma secondo il governo e la TEPCO (Tokyo Electric Power Company) l'acqua, per quanto contaminata, non dovrebbe creare problemi né danneggiare gli organismi viventi: la sostanza di cui è più ricca è il trizio, un isotopo dell'idrogeno debolmente radioattivo e con un tempo di dimezzamento di poco più di 12 anni.
Gli altri isotopi presenti nell'acqua di Fukushima sono più pericolosi, ma, sempre secondo la TEPCO, sono in concentrazioni così basse che l'acqua riversata nell'oceano non sarà più radioattiva di quanto non lo fosse quando il reattore andava a pieno regime.