Marzo 2018 (aggiornamento): dopo le inchiesta di Report (ottobre 2016, giugno 2017, settembre 2017), lo studio dell'Istituto per l'Ambiente di Ispra (2007) sulla concentrazione di inquinanti nella regione del Lago Maggiore e i risultati dell'indagine commissionata dal CNR, il Consiglio dei Ministri ha infine dichiarato lo stato di emergenza per i PFAS in Veneto e nominato un commissario. Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), o acidi perfluoroacrilici, sono una famiglia di composti chimici usati prevalentemente dall'industria: qui sotto, il nostro articolo dell'ottobre 2017 spiega a domande e risposte che cosa sono, per che cosa si usano e quali sono i danni per la salute.
Da quando sono state rilevate concentrazioni particolarmente elevate nel sangue della popolazione di alcuni comuni del vicentino, i PFAS sono diventati tristemente famosi. Già nel 2007 uno studio (poi pubblicato sulla rivista Analytical and Bioanalytical Chemistry) aveva rilevato l'elevata presenza di PFAS nel nord Italia. Nel 2013, poi, uno studio del CNR (pdf) aveva individuato nei comuni compresi tra Padova, Vicenza e Verona elevate concentrazioni di queste sostanze. Recentemente sono intervenute alcune decisioni da parte della Giunta regionale e del Ministero della Salute. Che cosa sono i PFAS e perché sono un rischio per la salute?
1. PFAS: che cosa sono?
La sigla indica Sostanze Perfluoro Alchiliche (acidi perfluoroacrilici): è una famiglia di composti chimici utilizzata prevalentemente in campo industriale. Sono catene alchiliche idrofobiche fluorurate: in estrema sintesi, sono acidi molto forti usati in forma liquida, con una struttura chimica che conferisce loro una particolare stabilità termica e li rende resistenti ai principali processi naturali di degradazione.


2. In quali settori vengono impiegati?
Dagli anni Cinquanta i PFAS sono usati nella filiera di concia delle pelli, nel trattamento dei tappeti, nella produzione di carta e cartone per uso alimentare, per rivestire le padelle antiaderenti e nella produzione di abbigliamento tecnico, in particolare per le loro caratteristiche oleo e idrorepellenti, ossia di impermeabilizzazione.
Le classi di PFAS più diffuse sono il PFOA (acido perfluoroottanoico) e il PFOS (perfluorottanosulfonato): quest'ultimo è usato per esempio nelle schiume antincendio. PFOA e PFOS (8 atomi di carbonio) hanno un'elevata persistenza nell'ambiente (oltre 5 anni), mentre altri PFAS a catena corta (4-6 atomi di carbonio) hanno una persistenza ridotta, misurabile in qualche decina di giorni.

3. I rischi per la salute.
Gli effetti sulla salute di queste sostanze sono sotto indagine: al momento, sono considerati tra i fattori di rischio per un'ampia serie di patologie. Si ritiene che i PFAS intervengano sul sistema endocrino, compromettendo crescita e fertilità, e che siano sostanze cancerogene. Non si tratta di sostanze dagli effetti immediati: si ritiene invece che la lunga esposizione sia in relazione con l'insorgenza di tumori a reni e testicoli, lo sviluppo di malattie tiroidee, ipertensione gravidica e coliti ulcerose. Alcuni studi hanno ipotizzato una relazione tra le patologie fetali e gestazionali e la contaminazione da queste sostanze.
4. Come avviene la contaminazione?
Se smaltiti illegalmente o non correttamente nell'ambiente, i PFAS penetrano facilmente nelle falde acquifere e, attraverso l'acqua, raggiungono i campi e i prodotti agricoli, e perciò gli alimenti.

Ad alte concentrazioni sono tossici non solo per l'uomo, ma per tutti gli organismi viventi: queste sostanze tendono infatti ad accumularsi nell'organismo attraverso processi di bioamplificazione (che avvengono quando gli organismi ai vertici della piramide alimentare ingeriscono quantità di inquinanti superiori a quelle diffuse nell'ambiente).
5. Quali sono le soluzioni proposte finora?
Ai circa 2.000 cittadini residenti nella zona a più elevata concentrazione è stato proposto di sottoporsi a un trattamento di lavaggio del sangue: la plasmaferesi, una procedura ben nota ai donatori di sangue. Questa tecnica permette di separare la componente liquida del sangue (il plasma) dalla componente cellulare e rimuovere le sostanze dannose.
Nel frattempo, in attesa di verifiche, di ulteriori studi e di soluzioni politiche, lo scorso 3 ottobre la Giunta regionale del Veneto ha imposto limiti più stringenti alla presenza di sostanze perfluoroalchiliche nelle acque potabili.