Chi non migra, va sano e va lontano: potremmo coniare un nuovo proverbio per riassumere i risultati di una ricerca pubblicata su Nature Communications, che ha analizzato la vita di quasi 1.300 specie di mammiferi e uccelli migratori confrontandola con quelle di specie simili non migratorie. Dallo studio è emerso che gli animali che migrano si sviluppano più in fretta, si riproducono prima e muoiono più giovani dei loro simili "sedentari". Questa scoperta potrebbe spiegare il perché molte specie migratorie sono in declino: vivere "più in fretta" li porterebbe infatti ad adattarsi con meno facilità ai cambiamenti di habitat e clima, e a non accoppiarsi se non in condizioni ottimali.
La riproduzione prima di tutto. Migrare comporta un grande dispendio di energia, che non può essere utilizzata per altri scopi, come riprodursi: per questo gli animali migratori antepongono la necessità di perpetuare la propria specie a quella di sopravvivere, accoppiandosi e morendo prima dei propri simili che non migrano.
Sensibili ai cambiamenti climatici. Secondo i ricercatori, i risultati dello studio aiutano a prevedere la risposta di mammiferi e uccelli migratori ai cambiamenti climatici: «Prendiamo il caso degli uccelli che migrano verso l'Alto Artico», spiega Stuart Bearhop, uno degli autori. «Arrivano in primavera, e hanno poco tempo per riprodursi: in molti lo fanno solo se le condizioni ambientali sono ottimali». Se i cambiamenti climatici danneggiano il loro habitat, molte specie migratorie rischiano di non riprodursi affatto.
Lo studio ha inoltre evidenziato una sostanziale differenza tra specie che migrano via mare o via terra, e specie che si spostano in volo. «I primi sono normalmente più grandi, perché devono immagazzinare maggiori quantità di energia per percorrere lunghe distanze», spiega Dave Hodgson, uno degli autori. «Al contrario, gli uccelli devono essere più leggeri per consumare meno energia durante il volo».