L'insetto più innocuo, onnipresente negli studi di laboratorio - il moscerino della frutta - è stato trasformato in esca velenosa grazie a poche, precise mutazioni del DNA operate con la tecnica CRISPR/Cas9: obiettivo centrato dello studio, pubblicato su Nature, era ricreare nelle drosofile le stesse alterazioni genetiche che permettono alle larve di farfalle monarca di nutrirsi di euforbia, una pianta che risulta tossica per la maggior parte degli altri animali.

Se non la mangia nessuno... Le farfalle monarca (Danaus plexippus), oggi minacciate di estinzione per via delle fluttuazioni climatiche, hanno storicamente goduto di una larga diffusione in Nord America grazie alla capacità di nutrirsi di euforbia senza morirne, e di sequestrare le sue tossine mantenendole nell'organismo anche durante la metamorfosi.
I bruchi e gli adulti di farfalla monarca sono perciò tossici per i potenziali predatori: rane e uccelli finiscono per vomitare, dopo essersene nutriti. Inoltre, la possibilità di mangiare una pianta indigesta per gran parte del mondo animale (a dosi elevate lo è anche per l'uomo) ha garantito alle farfalle cibo in abbondanza - finché i cambiamenti climatici non hanno iniziato a compromettere la diffusione della pianta.
Evoluzione in diretta. Comprendere l'origine di questo processo di adattamento "dal vivo" sarebbe stato impossibile, in tempi umanamente accettabili. Così Noah Whiteman, biologo evolutivo dell'Università della California Berkeley, ha pensato di ricorrere all'editing genetico. Insieme ai colleghi ha ingegnerizzato le drosofile fino a rendere le loro larve un migliaio di volte meno sensibili alle tossine di euforbia rispetto ai normali moscerini della frutta: è la prima volta che si riesce a ricostruire, in un organismo multicellulare, una serie di mutazioni evolutive che permettono un nuovo adattamento all'ambiente (nuova dieta e nuovo modo di allontanare i predatori).


Tre alterazioni, nell'ordine esatto.
Il risultato è stato raggiunto operando soltanto tre modifiche in un singolo gene. Tre sostituzioni di un singolo nucleotide (l'unità base di DNA e RNA) bastano a conferire alle drosofile la stessa resistenza al veleno vegetale delle farfalle monarca.
«La cosa più stupefacente - spiega Whiteman - è stata essere riusciti a testare ipotesi evolutive in un modo che non è mai stato possibile al di fuori delle linee cellulari. Senza l'abilità di creare mutazioni con la CRISPR sarebbe stato difficile arrivare a questa scoperta.»
Vari livelli di immunità. I ricercatori hanno inoltre dimostrato che altri 20 gruppi di insetti in parte immuni agli effetti tossici dell'euforbia e di altre piante velenose hanno evoluto in modo indipendente mutazioni in una, due o tre delle stesse posizioni del codice genetico.
Ogni alterazione conferisce un certo grado di resistenza alle tossine: la tolleranza al veleno raggiunge l'apice nelle farfalle monarca, che di fatto hanno anche la popolazione più numerosa rispetto agli altri insetti (falene, coleotteri, vespe, afidi) studiati.
I veleni dell'euforbia e di altre piante, della classe dei cardenolidi, interferiscono con la pompa sodio-potassio, il canale attivo della membrana cellulare essenziale per la trasmissione di impulsi elettrochimici tra le cellule. Negli animali dotati di cuore, il blocco di questo enzima si traduce in un arresto cardiaco.
Due delle tre mutazioni genetiche individuate fanno sì che, nelle farfalle monarca, le tossine non blocchino la pompa sodio-potassio. La terza è una mutazione compensatoria che riduce gli effetti collaterali della resistenza al veleno sul sistema nervoso: affinché gli insetti sopravvivano, è necessario che quest'ultima mutazione avvenga prima delle altre due.
Questa alterazione conferisce una debole resistenza al veleno, ma è sempre presente perché permette l'instaurarsi delle altre due e riduce il costo neurologico della tolleranza al veleno. Per questo è stata trovata in tutte le 21 specie studiate. Nella farfalla monarca, la presenza di tutte e tre le mutazioni nell'ordine esatto osservato permette la forma più perfetta di resistenza.
Strada obbligata. Se la mutazione in questione non fosse stata così indispensabile, forse gli insetti studiati avrebbero evoluto soluzioni diverse e alternative per far fronte alle tossine. «Questo - conclude Whiteman - ci aiuta a rispondere alla domanda: perché talvolta si arriva alla convergenza evolutiva, e talvolta invece no? Forse, perché dipende dai vincoli».