La depressione è una patologia che colpisce più di 350 milioni di persone, ed è dagli anni Settanta che viene trattata con farmaci. Quello a cui non si pensa mai è che, come molti farmaci, anche gli antidepressivi sono stati sperimentati su altri esseri viventi prima di essere somministrati agli esseri umani. Gli involontari prescelti delle sperimentazioni sono quasi sempre i topi, e negli Stati Uniti un movimento di opinione sempre più rumoroso, guidato dalla PETA e da un gruppo di esperti del settore, sta spingendo per l'abbandono della pratica, considerata crudele e, soprattutto, inutile.
Il simbolo di questa protesta è un test sviluppato negli anni Settanta, considerato la base per tutti gli studi sull'efficacia di un antidepressivo. Consiste nel mettere un topo in una vasca d'acqua e abbandonarlo a se stesso; l'animale continua a nuotare fino allo stremo delle forze, e solo a quel punto viene messo in salvo. L'idea è che gli esemplari ai quali sono stati sequestrati gli antidepressivi nuoteranno più a lungo, al contrario di quelli geneticamente modificati per soffrire di depressione, che abbandoneranno prima le speranze. «È una pratica che genera paura e ansia» nei topi, affermano alla PETA, e che non fornisce risultati validi perché «non abbiamo idea di che cosa sia la depressione per un topo», aggiunge il neuroscienziato Eric Nestler.
Alcuni esemplari, per esempio, imparano che basta smettere di nuotare per essere tratti in salvo, invalidando così la loro partecipazione al test; altri elementi, poi (come la temperatura dell'acqua nella vasca), possono falsare i risultati, e l'equivalenza tra i meccanismi cerebrali di un topo depresso e quelli di un umano depresso è tutta da dimostrare.
La richiesta al National Institute of Mental Health (NIMH) è quella di cessare immediatamente i test di questo tipo, e trovare soluzioni alternative per la ricerca sulla depressione. Da parte sua Joshua Gordon, direttore del NIMH, ha ammesso che «nessun test su un animale potrà mai catturare la complessità di una patologia umana», e che «questi test in particolare non sono abbastanza specifici per essere davvero utili», anche se poi aggiunge che «ci sono questioni che si possono risolvere solo così», e che in questi casi il NIMH continuerà a finanziare la ricerca sui piccoli mammiferi. Conoscendo lo spirito degli attivisti PETA, la battaglia per i topi è appena cominciata.