Animali

Un terzo dei vertebrati esistenti è preda degli umani

Noi umani siamo superpredatori, ma solo la metà delle volte cacciamo per nutrirci e spesso colpiamo specie fondamentali per garantire l'equilibrio ecologico.

Noi umani siamo la peggior specie di superpredatori esistente al mondo: e non solo perché catturiamo e sfruttiamo un terzo delle specie animali esistenti, ma soprattutto perché lo facciamo non solo – come leoni o squali – per nutrirci, ma per rivenderli, per farci pellicce o per metterli in gabbia.

Questo è il desolante quadro che emerge da uno studio pubblicato su Communications Biology, che ha deciso di indagare il nostro ruolo di predatori e le sue conseguenze per le altre specie. I ricercatori hanno studiato in particolare in che modo la scelta delle prede vari da un luogo all'altro, e quali siano le motivazioni dietro il nostro desiderio di predazione.

Predazione: una nuova definizione. Quando si parla di predazione ci si riferisce normalmente alla cattura e l'uccisione di una preda per mangiarla. Nello studio, i ricercatori hanno invece ridefinito il termine come "la rimozione di individui dalle popolazioni di specie selvatiche, letalmente o in altro modo, attraverso processi che vanno dalla sussistenza locale al commercio globale".

Delle 47.000 specie analizzate, gli esperti hanno cercato di determinare quali fossero quelle minacciate dalla predazione umana.

MIGLIAIA DI specie minacciate. L'analisi ha rilevato che circa 15.000 specie di vertebrati sono minacciate dalla predazione umana – una cifra pari a quasi un terzo di tutte le specie di questo tipo esistenti al mondo.

Si tratta di un numero tra le cinque e le 300 volte superiore a quello delle specie cacciate da altri predatori, come squali o mammiferi carnivori: il nostro impatto ecologico è 1.300 volte maggiore rispetto a quello di altri predatori comparabili a noi.

Povero oceano! Il luogo più colpito dalla nostra caccia grossa è l'oceano, dove sfruttiamo il 43% delle specie marine, principalmente pesci. Utilizziamo inoltre il 35% delle specie analizzate di acqua dolce, e il 26% di quelle terrestri.

Dal punto di vista tassonomico, gli uccelli sono il gruppo più colpito, con il 46% della specie sfruttata in qualche modo. I pesci con pinne raggiate − come il tonno o il salmone rosso − sono il secondo gruppo più colpito, con il 42% che viene pescato specialmente per finire sulle nostre tavole.

Non come cibo. La cosa che più ha stupito i ricercatori è che solo la metà delle prede cacciate dagli umani servono per nutrirci, mentre il resto viene utilizzato per fabbricare prodotti chimici, vestiti, cibo per animali o veleno animale.

Un'altra scoperta inaspettata è che moltissime specie selvatiche vengono prelevate dal loro habitat naturale per diventare animali da compagnia: la maggior parte sono uccellini che finiranno in gabbia, rettili e pesci da acquario.

Un grande danno ecologico. Questa superpredazione umana non danneggia solo gli animali, ma anche la natura stessa. Molte specie infatti svolgono diversi ruoli negli ecosistemi nei quali vivono: il bucero dall'elmo, per esempio, un uccello che vive nel sudest asiatico e si occupa di disperdere i semi dei frutti di cui si nutre, è nelle mire dei commercianti illegali di specie selvatiche per il suo becco, che viene scolpito per produrre oggetti da collezione. «Spesso danneggiamo specie che svolgono dei ruoli unici nell'ecosistema», sottolinea il coordinatore della ricerca Chris Darimont.

Non abbiamo scusanti: se leoni e orsi cacciano per cibo, noi umani spesso lo facciamo per svago o per rivendere pelli, zanne e becchi per profitto economico – e questa è una cosa che esula dal ciclo della vita e non è eticamente accettabile.

30 luglio 2023 Chiara Guzzonato
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