L'eterocefalo glabro (Heterocephalus glaber) è l'eccezione vivente a tante presunte leggi biologiche sui mammiferi: di rado si ammala di cancro, non sembra percepire il dolore, e può sopravvivere anche 18 minuti in assenza di ossigeno.
Uno studio sul roditore, il primo ad analizzare la durata della vita di migliaia di queste creature, sembra suggerire che non invecchino, o almeno che non lo facciano nei tempi e nei modi che finora conosciamo. Il loro rischio di morte non sembra salire con l'età, come accade per il resto dei mammiferi.
Un tipo longevo. Da tempo si sa che questi roditori senza pelo e con i denti sporgenti, che formano colonie numerose sottoterra, vivono molto più a lungo di quanto dovrebbe fare un roditore della loro taglia (13 cm di lunghezza, per un adulto). I topi in cattività vivono in media 4 anni. Questa specie potrebbero viverne 6, date le dimensioni, ma in realtà alcune oltrepassano i 30 anni, e le femmine arrivano a quell'età ancora fertili.
Rochelle Buffenstein, biologa comparativa che si occupa di longevità per la Calico Labs di San Francisco (una società collaterale a Google) e che studia gli eterocefali da oltre tre decenni, ha analizzato le date di nascita e di morte di ogni singolo individuo, registrando in tutto 3.000 voci. Ha così scoperto che gli eterocefali sembrano sfuggire alla Legge di Gompertz, un'equazione matematica che descrive l'invecchiamento.
Controcorrente. Nel 1825 il matematico britannico Benjamin Gompertz osservò che il rischio di morte aumenta esponenzialmente con il passare degli anni. Per l'uomo, raddoppia ogni 8 anni dopo i 30 anni. La legge sembra valere per tutti i mammiferi in età adulta, ma non per gli eterocefali: dopo aver raggiunto la maturità a 6 mesi di età, ognuno di essi corre un rischio di morte giornaliero di poco superiore a 1 su 10 mila. Questo rischio rimane invariato per tutta la durata della vita, e anzi sembra diminuire leggermente. «Va contro tutto quello che sappiamo in termini di biologia dei mammiferi» dice Buffenstein.
Come interpretare questi dati? Il DNA di questi roditori è molto attivo e pieno di proteine che favoriscono il ripiegamento di altre proteine. Ciò potrebbe essere utile per evitare di accumulare i danni associati all'invecchiamento.
Ma può anche esistere il rischio di spingersi un po' troppo in là nell'interpretazione dei dati. L'invecchiamento potrebbe avvenire comunque, ma semplicemente in una fase più avanzata della vita di questi animali. Inoltre, soltanto 50 tra gli animali di cui si hanno dati hanno superato i 15 anni (gli altri sono state spostati ad altri laboratori o uccisi dopo i vari esperimenti).
Per alcuni scienziati, si tratta di un campione troppo ridotto per saltare alle conclusioni.