Ogni cane ha la sua personalità che dipende da molti fattori. Tra questi uno dei più importanti è la razza. Ecco come varia il loro carattere dei cani in base alla razza.
Una coppia di cuccioli husky. Hanno un carattere molto indipendente. |
di Chiara Borelli
Almeno 100 milioni di cani vivono come animali da compagnia nel mondo occidentale, di cui 7 milioni nelle case degli italiani, e circa 400 milioni popolano la Terra. Molto diversi tra loro, non solo fisicamente ma anche caratterialmente: le esperienze avute nel corso della vita ma anche le basi genetiche sono all’origine di queste differenze. La selezione di caratteristiche mirate iniziata almeno 20 mila anni fa, ha spinto infatti alla nascita di molte razze (oggi sono più di 400 quelle ufficialmente riconosciute) e alla formazione di comportamenti specializzati: utili per la guardia, la difesa, la caccia, la compagnia o il lavoro. Se cresciuti in un contesto rispettoso delle loro necessità, in tutti i quattrozampe si possono comunque riscontrare le caratteristiche principali del Canis familiaris: socievolezza, docilità, curiosità e adattabilità. E al di là dell’aspetto e del temperamento, tutti i cani hanno un’esigenza comune, quella di vivere in compagnia che li spinge a cercare un padrone quando non ne hanno uno.
Una scelta del cucciolo fatta in base alle nostre e alle sue esigenze, al di là dell’aspetto, è il primo passo per un rapporto di successo.
Guida alla scelta
Razze come cocker, golden retriever o boxer sono particolarmente socievoli. Docili e estroversi, sono abituati ad avere un rapporto stretto col padrone. Amano la compagnia, la vita in famiglia e mal sopportano la solitudine, soprattutto se prolungata; altre, come i chow chow, mostrano disinteresse verso le relazioni sociali troppo “intense”.
Alcuni cani, come il pastore tedesco o il border collie, sono più addestrabili, e altri, come i levrieri, meno collaborativi. È una questione genetica. Un siberian husky difficilmente potrà andare a spasso senza guinzaglio, perché è portato ad andarsene, così come un pastore maremmano: sono cani selezionati per essere indipendenti e che per natura hanno la tendenza alla dispersione. Nei cani primitivi, come il cane dei faraoni, sarà comunque l’istinto a prevalere.
Fedeli al cento per cento
Un pastore belga, un pastore bergamasco, un collie o un bobtail invece hanno la tendenza innata a seguire, ed è difficile che scappino, anche con un conduttore inesperto: già a tre mesi, nelle prime passeggiate, seguiranno spontaneamente quando sono lasciati liberi. All’estremo opposto dell’indipendenza vi è l’attaccamento al padrone: solitamente tutte le razze toy (cani di taglia molto piccola, pesanti anche poco più di un chilo, come il maltese o il chihuahua) sono così legate che difficilmente sopportano il distacco; è estremamente difficile insegnare loro a stare soli. Un caratteristica molto accentuata nel barbone toy, che spesso soffre di ansia da separazione: quella che lo porta a distruggere i cuscini del divano la sera in cui decidiamo di andare al cinema.
Porta a spasso il cane. |
La dominanza è un altro tratto più o meno marcato del carattere: i segugi non lo sono per nulla, per esempio, perché sono cani gregari, in cui le mute devono cacciare e mangiare insieme, senza conflitti tra i vari elementi. Dobermann e Rottweiler sono in genere dominanti, ma la taglia non è tutto: razze piccole, come terrier e bassotti impongono spesso la loro autorità anche su individui più grandi di loro. Solo per alcune razze primitive, come l’alaskan malamute, è valido il concetto di maschio alfa dominante, come nei lupi; per la maggior parte, l’uomo non rappresenta il capobranco, ma un buon padre. Queste razze non sanno cosa sia la scala gerarchica, perché sono un “prodotto” della vita con l’uomo: il cane infatti non esiste in quanto tale, ma è stato selezionato dal lupo per vivere con l’uomo; la nostra famiglia ha preso il posto del branco.
Come trattarlo
Il nostro quattrozampe va trattato come un ragazzino, di cui dobbiamo gestire la vita, prendendo le decisioni anche per lui: Fido ci vede come un grande cane e cerca in noi l’autorità. I barboni hanno perfino cambiato orientamento, preferendo in ogni circostanza la compagnia dell’uomo a quella dei propri simili: pronti a compiacere il padrone, la loro felicità consiste nell’essere amati.
I livelli di reattività, collegati alle produzioni ormonali, sono pure molto variabili: lo sapevano bene anche i romani che per fare la guardia tenevano un molosso insieme a piccoli spitz. Questi ultimi, più reattivi, facevano l’allerta e svegliavano il molosso in caso di pericolo. Anche il nostro volpino italiano ancora nel Medioevo spesso viveva col mastino: serviva da sveglia per chiamare al lavoro il più pesante, lento, meno reattivo “bestione”.
Questione di pelle
Alcune reazioni poi dipendono dalle caratteristiche fisiche: la diversa sensibilità e reazione al dolore ne è un esempio. Già, perché non tutti hanno la stessa soglia. Da cosa dipende? Anche dallo spessore della pelle. I levrieri, che hanno un livello di sopportazione molto più basso, la hanno molto fine. Non reggono il dolore, tant’è che spesso quando devono partorire si ricorre al taglio cesareo. Terranova e mastini napoletani hanno la pelle molto spessa, e per questo sembrano sopportarlo meglio.
Sempre per una questione di geni, alcune razze mostrano maggiore aggressività di altre: sono i cani da guardia come i dobermann e i pastori tedeschi. Una corretta educazione, meglio se impartita da una persona esperta, permette però di avere esemplari perfettamente equilibrati e affettuosi. Discorso a parte per le razze da combattimento, che sono state sottoposte a un allevamento selettivo per rendere gli animali pronti a lottare tra loro anche senza motivazione. Il pit bull rappresenta purtroppo per alcuni proprietari la mascolinità muscolosa e minacciosa di chi intimidisce e affronta il mondo con aggressività.
Che si tratti di un alano o di un bassotto, tutti i cani, chi più e chi meno, hanno poco in comune col loro parente ancestrale, il lupo. Per il loro bene però, dobbiamo comunque riconoscere la loro diversità e la loro identità, anche se viviamo sotto lo stesso tetto: sono sempre più considerati simili a noi e, tra parrucchieri, trucchi e vestitini, eccessivamente umanizzati. Dall’altro lato, un’enorme contraddizione: 150 mila cani sono ancora abbandonati ogni anno in Italia e più di 5 mila muoiono nei combattimenti illegali.
Si ringrazia per la collaborazione Barbara Gallicchio, comportamentalista (www.asetra.it).