Animali

Gli uistitì si allenano a chiamare la mamma già dall’utero

Un nuovo studio dimostra che gli uistitì, un gruppo di scimmie diffuse in America Meridionale, cominciano ad allenarsi a chiedere cibo alla madre quando ancora sono nell'utero.

Urla, pianti, versi incomprensibili: i neonati dei primati, umani compresi, si esprimono in modi apparentemente imperscrutabili. Eppure i loro richiami sono fondamentali per la loro sopravvivenza: piangere è un ottimo modo per attirare l'attenzione dei genitori e farsi dare del cibo, e tutti i primati imparano a farlo non appena escono dall'utero. E, almeno in un caso, anche da prima: un nuovo studio dell'Università di Princeton in New Jersey ha dimostrato che i cuccioli di uistitì, piccoli primati diffusi in America meridionale, iniziano ad "allenarsi" quando ancora sono nell'utero, e quando nascono sono già pronti a richiamare l'attenzione della madre. Lo studio è stato pubblicato su eLife.

Ecografie costanti. Lo studio nasce da una domanda molto semplice: quand'è che i cuccioli di primate, e in particolare di uistitì, imparano a piangere? Per scoprirlo, il team ha monitorato, nel corso dell'ultimo trimestre di gravidanza di quattro diversi uistitì, lo sviluppo facciale del feto, e i suoi movimenti. Per farlo, gli animali sono stati sottoposti a una quindicina di ecografie, ripetute due o tre volte a settimana per l'intero periodo che va dal momento in cui l'analisi mostra il muso del feto fino alla nascita del cucciolo. Le ecografie hanno permesso di monitorare i movimenti dei muscoli facciali dei feti, e le fotografie sono state poi confrontate con immagini di uistitì neonati.

Allenamento prenatale. In questo modo è stato possibile individuare il momento in cui i feti di uistitì cominciano ad allenare i muscoli facciali: lo fanno molto presto, non appena il loro sviluppo glielo consente, e quando ancora il loro corpo non è pronto a emettere suoni. I risultati dell'esperimento dimostrano quanto è importante per un cucciolo di primate saper controllare i propri muscoli facciali così da emettere i suoni giusti, quelli che, una volta nato, gli assicureranno l'attenzione della madre.

La scoperta, secondo gli autori dello studio, potrebbe applicarsi anche agli esseri umani: ci sono casi ecografie effettuate su feti al terzo trimestre che sembrano compiere movimenti facciali compatibili con il pianto, e scoprire che anche altri primati lo fanno corrobora l'ipotesi.

12 agosto 2022 Gabriele Ferrari
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