I cercatori di miele lo chiamano, e l’uccellino arriva e li guida fino all’alveare nascosto nella foresta. È il patto di mutuo aiuto stabilito tra i membri della tribù Yao, in Mozambico, e un piccolo uccello che si chiama indicatore golanera (Indicator indicator).
Questo comportamento è noto da tempo - era stato segnalato addirittura alla fine del Seicento da un missionario portoghese - ma ora un gruppo di ricercatori ha studiato con un vero e proprio esperimento sul campo quanto è efficace questa rara forma di cooperazione tra la nostra specie e un animale selvatico, e se davvero si è stabilito un sistema di comunicazione tra “noi” e “loro”.
Dolce collaborazione. L’indicatore golanera è lungo circa 20 centimetri e pesa 50 grammi, ed è ben noto per la sua capacità di fare da guida verso gli alveari selvatici: nella caccia al miele, un’attività che ancora diverse tribù svolgono nell’Africa sub-sahariana, l’uomo apre l’alveare, mentre all’animale rimane la cera di cui è ghiotto (è uno dei pochi uccelli a poterla digerire), oltre a larve e pupe da mangiare.
I ricercatori guidati dalla biologa evoluzionistica Claire Spottiswoode, dell’università di Cambridge, hanno studiato la cooperazione tra l'indicatore e i cacciatori di miele della tribù Yao, nella Riserva Nazionale del Niassa, nel nord del Mozambico.
L’uccellino fa un verso caratteristico per segnalare la presenza del miele, e svolazzando da un albero all’altro conduce al bottino. Ma anche i membri della tribù hanno un verso caratteristico per richiamarlo quando vogliono mettersi alla ricerca: è un breve trillo seguito da una sorta di grugnito, che una ventina di uomini della tribù hanno detto ai ricercatori di avere imparato dai loro padri.
Guida sicura. Per testare l’efficacia della cooperazione, come hanno descritto nell'articolo su Science (dov'è disponibile una registrazione del richiamo) i ricercatori hanno seguito i membri della tribù nella ricerca del miele. Quando a fare da guida c’era l’uccellino, effettivamente la ricerca si è conclusa tre volte su quattro con la scoperta del miele. Non solo: gli studiosi hanno anche voluto testare se davvero il verso usato servisse per attirare gli uccellini.
Hanno registrato il richiamo tipico e poi si sono aggirati nelle zone della riserva (in una settantina di tentativi), facendo sentire il verso oppure un altro suono non collegato e un richiamo usato dalla tribù ma in altre circostanze. Gli uccellini si sono presentati a fare da guida molto più spesso, il doppio delle volte, (nel 66 per cento contro il 33 per cento dei casi), quando è stato fatto sentire il richiamo “vero”.
E in questi casi, la ricerca ha anche portato nell’80 per cento dei casi alla scoperta dell’alveare.
Come imparano? Non è chiaro come il comportamento sia trasmesso da una generazione all’altra di uccelli, dato che l’indicatore, come il cuculo, depone le uova nel nido di altre specie, e quindi i piccoli non crescono con i genitori biologici. Inoltre, il richiamo è specifico: è documentato che altre tribù ne usano di diversi per attirarli. Secondo i ricercatori il comportamento, in generale, è probabilmente innato, mentre l’adattamento “locale” è appreso dai giovani uccelli che lo assimilano dagli adulti.