Come stanno le tartarughe marine che popolano il nostro mare? L'occasione per fare il punto è la Giornata mondiale delle tartarughe marine che si celebra in tutto il mondo il 16 giugno, giorno in cui ricorre la nascita di Archie Carr (1909-1987), un erpetologo (cioè un zoologo che studia rettili e anfibi) che dedicò la vita allo studio e alla conservazione delle tartarughe marine e di altre specie in pericolo.
Il Mar Mediterraneo, che rappresenta solo lo 0,82% della superficie totale dei mari, è un crocevia di biodiversità marina: ben 17mila sono le specie marine che lo abitano. E tra queste, proprio la tartaruga comune (Caretta caretta), la tartaruga verde (Chelonia mydas) e, più rara, la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea). Ma secondo un report pubblicato da WWF Italia – in prima linea nell'impegno per difendere le tartarughe marine e il loro habitat con la campagna GenerAzioneMare – il Mediterraneo non è affatto un paradiso e le minacce che incombono su questi animali sono più di una.
TROPPI RIFIUTI. Non solo il Mediterraneo è il mare che si sta scaldando più velocemente, ma è anche "invaso" dai rifiuti: ogni anno, 570mila tonnellate di plastica finiscono tra le sue onde. Molti di questi rifiuti (circa il 18%) provengono dalle attività di pesca, acquacoltura e navigazione, e includono attrezzi da pesca persi o abbandonati che continuano a danneggiare la flora e la fauna. Nel Mediterraneo ogni anno oltre 150.000 tartarughe si feriscono accidentalmente con ami da pesca, lenze e reti. Non solo: in Italia, ogni anno 25.000 tartarughe marine vengono catturate da reti a strascico trainate sul fondale marino, dove le tartarughe si riposano e si alimentano.
Per non parlare del pericolo rappresentanto dai tanti oggetti di plastica che galleggiano in mare, come le buste monouso che vengono scambiate dalle tartarughe per organismi gelatinosi come le meduse, di cui amano cibarsi.
NON SOLO PLASTICA. Ma i pericoli non finiscono qui: negli ultimi anni si è assistito a una progressiva erosione delle spiagge dovuta all'intenso sviluppo delle attività costiere (comprese quelle turistiche) e all'aumento del livello del mare dovuto al cambiamento climatico che potrebbe aver aumentato la frequenza e la gravità delle mareggiate. Anche l'inquinamento luminoso concorre come fattore di disturbo soprattutto nelle prime fasi di vita delle tartarughe.
Il cambiamento climatico, inoltre, compromette ulteriormente la sopravvivenza delle tartarughe marine alterando il sesso dei nati: temperature della sabbia superiori a 29°C danno per lo più origine a femmine, perciò l'innalzamento delle temperature potrebbe causare, nel lungo periodo, una scarsità di maschi.
Uno sbilanciamento che ne comprometterebbe le capacità riproduttive.
Il risultato è che tutte le specie di tartarughe marine - sette in tutto il mondo - compaiono nella lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura come a rischio di estinzione (discorso a parte per la tartaruga a dorso piatto, Natator depressus, ancora classificata come "Carente di dati").