Sul litorale laziale, in provincia di Viterbo, la famiglia - un padre e tre figli - sta trascorrendo una tranquilla mattina sulla spiaggia. Il padre sorveglia, i piccoli zampettano sulla battigia cercando insetti da mangiare. La famiglia in questione è infatti composta da fratini, piccoli volatili che nidificano (con fatica) sulle nostre spiagge in estate, tra bagnanti e asciugamani. Li stiamo guardando mentre si muovono su questo tratto di costa semi-naturale, tra frammenti di canne, legno marino, "palle di mare" (o più scientificamente egagropili, quelle polpette infeltrite marroni formate dai resti di Posidonia oceanica (una pianta dei fondali) e... un frigorifero giallo.
seguendo la via della spazzatura. Come ci è arrivato un frigo tra la sabbia e le dune dove fiorisce il giglio di mare? E quello scaldabagno arrugginito che si vede poco lontano? Il copertone e la latta di vernice? Oppure, ancora, un cassonetto dei rifiuti? Impossibile non notarli, mentre noi di Focus seguiamo per il secondo anno la nidificazione di questi uccelli. Così, osservando i tre pulcini dalla schiusa delle uova al loro primo volo, abbiamo "censito" i rifiuti più grandi e visibili (non quelli piccoli, infinitamente di più): la spazzatura a più o meno 100 passi dal nido e dalla zona in cui i pulcini crescono. Provando a ricostruire le "strade dell'immondizia" che possono portare vecchi elettrodomestici in spiaggia.
predatori in agguato. Siamo arrivati qui con Lucia Sanna, appassionata della natura della zona che ha monitorato la nidificazione del fratino (Charadrius alexandrinus) su questo tratto del litorale laziale, in provincia di Viterbo, in collaborazione con l'associazione Garol (Gruppo Attività Ricerche Ornitologiche del Litorale). «Quest'anno abbiamo identificato sei nidi: di questi, uno è stato portato via da una mareggiata e gli altri predati, in un caso da cornacchie», racconta Lucia Sanna.
gabbie speciali per proteggere i nidi. I fratini, lunghi circa 15-17 cm, depongono infatti le uova in una conchetta nella sabbia. Pur mimetiche, le uova sono esposte a diverse minacce: volpi, cornacchie, gabbiani, cani liberi… E uomini, che possono distruggere i nidi pulendo la spiaggia o calpestandoli. «Abbiamo protetto gli ultimi due nidi con gabbie speciali, infilate nella sabbia. Le uova si sono schiuse, ma dei tre pulcini di un nido abbiamo subito perso le tracce. Sono rimasti i tre pulcini dell'ultimo nido», continua Lucia Sanna, sottolineando gli ostacoli naturali e "umani" incontrati dal fratino, tra le specie minacciate in Italia.
I fratini volano a un mese di vita. I tre giovani fratini sono usciti dalle uova il 10 giugno, e da allora zampettano sulla riva: da piccolissime palline di piume, che correvano sulla sabbia sotto la supervisione del padre, li abbiamo visti mettere le penne, fare i primi "saltelli" sbattendo le ali e ora finalmente volare, a circa un mese di vita. Adesso, possono spostarsi di più lungo la spiaggia. Ma una delle zone preferite dalla famiglia è proprio attorno al frigorifero giallo.
Le discariche abusive dei fiumi. Tornando alla domanda iniziale, come è arrivato lì? «Per i rifiuti più grossi, la fonte principale sono le discariche abusive, in zone costiere o lungo i fiumi. Ciò che viene buttato lì finisce nei fiumi con le piene e con le forti piogge; poi la forza dei fiumi porta tutto al mare. Lì, se i rifiuti si depositano in zone poco profonde, possono poi essere riportati a riva», ci spiega Eva Alessi, responsabile sostenibilità del WWF Italia.
copertoni, flaconi di olio, solventi. È il caso, probabilmente, del nostro frigo giallo, che porta le tracce della colonizzazione da animali marini. E di molto di ciò che scorgiamo sulla spiaggia dei fratini: un paio di scaldabagni, una bombola di gas, vasi da fiori, flaconi di ogni tipo, un copertone, una latta di vernice, un bottiglione di insetticida… «I copertoni vengono dalle discariche abusive. Così come i flaconi di olio, solventi o liquidi usati per lavori, magari buttati nelle campagne», continua Alessi. «Adesso si aggiungono le mascherine perse o buttate ovunque». E chissà che strada ha fatto un cassonetto dei rifiuti: originario, secondo la scritta rimasta, del comune di Quarto, provincia di Napoli.
zainetti, scarpe da ginnastica. «Ci sono poi tutte le attrezzature sportive perse, magari facendo attività su un fiume o vicino ad esso: palloni, scarpe, zainetti…». Il nostro censimento riporta per esempio una impressionante quantità di scarpe da ginnastica, un grosso zaino, un pallone. Meno fuori posto – apparentemente – gli oggetti da spiaggia: troviamo setacci di plastica, ciabatte spaiate, una sdraio… «Lasciamo sulla sabbia un sacco di cose che le onde portano in mare: dalle infradito ai giocattoli. E poi ci sono le attrezzature, come le sedie, strappate dalle mareggiate», dice Alessi.
I rifiuti del mare. Altri rifiuti che scorgiamo camminando sono stati "prodotti" in mare: boe, reti, cassette di polistirolo per il pesce… «Sono attrezzature strappate dal mare o gettate volontariamente nella attività di pesca, acquacoltura, navigazione.
Della plastica che si trova in mare circa il 18% proviene da queste attività, il resto arriva da terra», dice ancora Eva Alessi. Infine, tra la sabbia e la vegetazione delle dune spunta una miriade di flaconi di plastica, bottiglie di latte o di bibite, contenitori... «L'80% della plastica dispersa a terra finisce in mare portata da vento, piogge, fiumi; il 20%-30% torna poi a terra nel giro di un anno. Il Mediterraneo è una vasca chiusa, in cui gli oggetti – per esempio, un flacone tappato che galleggia – possono viaggiare da una parte all'altra. Nel Mediterraneo sfociano grandi fiumi come il Po, il Nilo, il turco Ceyhan, tutti con un carico di plastiche. È possibile che qualcosa arrivi sulle nostre coste fin dalla Turchia», spiega Alessi.
Il cartone di latte turco. Chissà, appunto, se ha fatto tutta questa strada il cartone del latte che vediamo sulla sabbia, del produttore turco Pinar, o una bibita all'ananas sempre turca… Molti contenitori si stanno ormai sbriciolando. «Le onde e la salsedine finiscono per frammentare la plastica: finirà in pezzi invisibili, ingrossando la massa delle microplastiche. Il Mediterraneo è il mare più inquinato da esse», conclude Alessi.
eppure, i fratini si riproducono. I fratini ignorano bottiglie e copertoni, almeno. Paradossalmente, le spiagge non "tirate a lucido" per le esigenze balneari di noi umani diventano un'oasi in cui si possono riprodurre. «Queste zone sono l'ultima risorsa per la specie. Sono per esempio importanti i detriti lignei, i resti naturali portati dal mare. Ciò che non serve è quello che invece arriva da noi: le plastiche, i rifiuti», spiega Massimo Biondi, dell'associazione Garol, referente del Comitato Nazionale per la Conservazione del Fratino (Cncf).
Il rischio umano: la pulizia va fatta fuori stagione. Che avverte: «La pulizia di queste spiagge rischia di essere dannosa. Non deve essere fatta con le macchine ma manualmente, per lasciare i detriti naturali ed eliminare solo i rifiuti umani. E poi va fatta fuori stagione: non quando i fratini si riproducono, da inizio marzo a fine agosto. Se proprio si deve pulire in primavera, bisognerebbe contattare il Cncf per sapere se ci sono nidificazioni di fratini». Per il momento tutti quei rifiuti, in un piccolo tratto delle nostre spiagge dove questa specie cerca di sopravvivere, restano a ricordarci l'indifferenza con cui noi umani buttiamo la nostra spazzatura dove non dovremmo.
Fino a che la natura non ce la ributta addosso.