È inziato il conto alla rovescia per i lemuri del Madagascar: nel giro di 20 anni questi simpatici primati potrebbero essere completamente estinti. A lanciare l’allarme è Jonah Ratsimbazafy, primatologo dell’Università di Antananarivo (Madagascar) che accusa senza mezzi termini la crisi economica, l’instabilità politica e la povertà del suo paese: “Fino a quando il Madagascar sarà così povero non potremo certo pensare di salvare i lemuri” ha dichiarato qualche giorno fa ai media.
La notizia è di quelle preoccupanti, perchè quest'isola nell'Oceano Indiano è l’unico luogo al mondo dove vivono lemuri allo stato selvatico. Questi animali appartengono a 105 specie diverse, 93 delle quali sono già sulla lista delle specie a rischio. La loro concentrazione in una zona del pianeta così piccola non favorisce certo loro sopravvivenza.
Vittime della caccia e del bracconaggio, i lemuri sono messi a rischio anche dalla progresssiva distruzione del loro habitat: ogni anno in Madagascar oltre 200.000 ettari di foresta vengono dati alle fiamme. “A questo ritmo, nel giro di 20, 25 anni non ci sarà più nessuna foresta” spiega l’accademico.
Troppo buoni
In un paese dove il 92% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, i lemuri sono cacciati anche per la loro carne. Facili da colpire e tutto sommato socievoli, questi animali sono la pietanza prediletta dei boscaioli e dei cercatori d’oro, che spesso si addentrano nel fitto della jungla senza provviste sufficienti. E i ranger non hanno risorse per fermarli.
Un contributo determinante alla deforestazione del Madagascar viene dai contadini: il suolo di questo paese è infatti estremamente povero e gli agricoltori sono costretti a spostare ogni anno le loro coltivazioni lasciandosi dietro il deserto. E i lemuri ne fanno le spese.
Più polli, più lemuri
Diversi gruppi locali si sono coalizzati per cercare di trovare gli 8
milioni di euro necessari a far partire un progetto di conservazione di
questi primati. Obiettivo degli attivisti è quello di mettere nelle mani
delle popolazioni locali fonti di sostentamento alternative, come piante di legumi,
allevamenti di polli, maiali e pesce, così che non siano più costrette a
vivere a spese della foresta.
“Ma gli indigeni non pensano a lungo termine ed è difficile
cambiare la loro mentalità”.
Le stesse guide che attendono i turisti all’ingresso della Riserva
Naturale di Ranomafana, una specie di santuario dei lemuri, oggi sono
quasi completamente disoccupate e per sbarcare il lunario non
disdegnano attività come il piccolo contrabbando e il bracconaggio. A
spese dei simpatici primati che dovrebbero proteggere.
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