Possono pesare anche 700 chilogrammi, la metà dei quali è costituita da grasso, e hanno nel sangue livelli di colesterolo che farebbero preoccupare qualsiasi medico. Eppure, gli orsi polari (Ursus maritimus) non muoiono di infarto né di ictus e, anzi, il loro sistema cardiovascolare gode di una salute di ferro. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Cell, la spiegazione del paradosso è nascosta nel Dna di questi splendidi animali.
Invulnerabili al grasso
Un folto gruppo di ricercatori - diretto da Jun Wang, dell'Istituto di genetica di Pechino, Rasmus Nielsen, dell'Università di Berkeley, e Eske Willerslev, di quella di Copenaghen - lo ha sequenziato, e lo ha confrontato con quello dei loro parenti più prossimi, gli orsi bruni.
I risultati mostrano che nella specie artica alcuni geni legati alle malattie cardiovascolari sono mutati e hanno reso il cuore e i vasi particolarmente resistenti e poco vulnerabili al colesterolo. I ricercatori ritengono che studiando meglio i meccanismi che stanno alla base di questa resistenza si possano trarre informazioni utili anche sulle malattie cardiovascolari dell'uomo.
Evoluzione rapida
Lo studio getta poi una luce nuova sulla storia evolutiva degli orsi bianchi e bruni. Fino a oggi infatti si pensava che le due specie si fossero separate 5 milioni di anni fa, ma la comparazione del loro Dna mostra invece che questo è avvenuto appena 500.000 anni fa. La successiva evoluzione dell'orso polare, e l'adattamento al clima estremo del Polo Nord, è quindi avvenuta in tempi piuttosto rapidi.
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