I gatti sono dei carnivori stretti, perché, in quanto predatori, si sono sempre nutriti di carne. Il modo che hanno di percepire il cibo attraverso i sensi e di selezionarlo è fortemente legato a questa loro caratteristica. In natura, infatti, le percezioni servivano soprattutto per sollecitare i loro meccanismi di allerta davanti ai pericoli e aiutarli a procacciare il cibo di cui avevano bisogno.
Per queste ragioni i sensi più sviluppati e coinvolti nell'alimentazione dell'amico felino spesso non sono quelli che ci si aspetterebbe.
Il gusto. Si penserebbe, infatti, che il gusto sia il senso privilegiato del gatto per relazionarsi con il cibo. E invece no. Tra tutti i sensi sembra proprio quello meno sviluppato per questo scopo: gli esseri umani, infatti, vantano un patrimonio di papille gustative di molto superiore a quello dei gatti. Inoltre, noi percepiamo un gusto che i gatti non hanno, ovvero il dolce. I recettori di questo non sono attivi sulla loro lingua. Se vi è sembrato che invece ne fossero attratti, è molto probabile che il merito vada attribuito alla presenza di grassi nei cibi.
I gatti, al contrario, hanno dei recettori molto speciali per percepire l'amaro. Li hanno sviluppati e specializzati per capire se una determinata pianta, benché loro si nutrissero soprattutto di prede, fosse velenosa o dannosa per il loro organismo. Era un modo, in origine, per rilevare tossine che si potevano nascondere negli alimenti.
L'olfatto. Il gatto raccoglie informazioni dallo spazio circostante attraverso l'olfatto. È un senso che è stato affinato dalle sue necessità in natura: esplorare i dintorni, accoppiarsi e procedere nella caccia sulla base di tracce olfattive nell'aria. Grazie all'olfatto, infatti, un gatto è in grado di identificare una preda prima ancora che sia in vista, in modo che abbia il tempo di nascondersi e approntare un agguato con effetto sorpresa, che aumenta le probabilità di riuscita dell'attacco.
La vista. I gatti sono animali che amano l'oscurità. Per i loro antenati era il momento ideale per la caccia alle prede. I loro occhi sono fatti per avere un ampio campo visivo e per percepire il minimo movimento. Grazie al loro "tapetum lucidum", ovvero uno strato di cellule sul fondo dell'occhio e che consente di catturare meglio la luce, sono molto abili in scenari notturni, ma hanno diversi svantaggi sulla vista di giorno: fanno fatica a mettere a fuoco gli oggetti a più di 6 metri e è stato dimostrato che abbiano un punto cieco sotto il mento, che impedisce loro la vista di cose a pochi centimetri da loro.
A riequilibrare questi piccoli scompensi, però ci sono altri sensi e recettori, come il tatto e le vibrisse.
Il tatto. I gatti hanno un ricettore privilegiato per il tatto: le loro vibrisse. Il loro scopo principale è dare loro il senso dello spazio e misurare le distanze, cosa tanto più utile per un predatore che si muove in ambienti stretti e angusti, e spesso in equilibrio precario. Le vibrisse, peraltro, compensano la vista dei gatti, che funziona abbastanza bene da lontano, ma meno da vicino. Per la stessa ragione sono importanti anche per il cibo, perché erano quelle che permettevano, attraverso la percezione dello spazio, di capire su che parte del corpo attaccare una preda per renderla inerme. Il tatto è presente anche sul naso e sulle zampe.
L'udito. L'udito per il gatto è un senso molto sviluppato e viene utilizzato, come la sua natura insegna, per rilevare tracce di nemici e non, nei dintorni. Un minimo rumore di foglie, per esempio, può essere il sintomo della presenza di una possibile preda che presto si potrebbe trasformare in cibo per lui. La stessa forma delle orecchie, a cono, testimonia come i gatti siano in grado di recepire una serie di frequenze che a un orecchio umano non arriverebbero. La loro forma, poi, ha due funzioni molto importanti: permette loro di amplificare i rumori percepiti e permette loro di individuare l'esatto punto di provenienza.
Insomma, i sensi del gatto per il cibo sono molti. Praticamente tutti.