Se avete mai fatto un bagno in mare, magari con maschera e boccaglio per godervi i colori del fondale, avrete notato un dettaglio: più scendete in profondità, più i colori sembrano spegnersi. Gli stessi pesci, o coralli, che visti da fuori dall'acqua sono trionfi cromatici si ingrigiscono se li osservate da sotto la superficie. C'è ovviamente un motivo, legato al modo in cui la luce viaggia attraverso l'acqua, ma ci sono anche delle conseguenze, perché i colori brillanti sono uno dei metodi di comunicazione più usati dalla fauna (e anche dalla flora) sottomarina.
Più in profondità. E cosa succede se un pesce abituato a vedere certi colori è costretto ad adattarsi a un ambiente più smorto e monocromatico? Non è una domanda retorica: con il riscaldamento degli oceani, sempre più animali marini stanno spostando il loro habitat più in profondità, in cerca di acque più fresche; un team della Exeter University ha provato ad analizzare quali potrebbero essere le conseguenze di questo slittamento verso il basso, e ha pubblicato i (poco rassicuranti) risultati su Proceedings of the Royal Society B.
Negli ultimi cinquant'anni, il trasloco di profondità è diventato sempre più diffuso tra i pesci: uno studio di qualche anno fa dimostrava che tra il 1968 e il 2007 molte specie che vivono al largo delle coste nordorientali degli Stati Uniti hanno spostato verso il basso il loro habitat al ritmo di un metro all'anno, in seguito a un aumento della temperatura di 1 °C. Altri studi, invece, hanno dimostrato che, quando l'acqua del mare si fa più torbida, per esempio a causa di una fioritura improvvisa di alghe, specie come lo spinarello hanno problemi a riconoscere il partner: solitamente le femmine si affidano al rosso del suo ventre per decidere se ne vale la pena, e l'acqua meno limpida rende più difficile distinguere questo colore. Il terzo dettaglio da tenere a mente è che più ci si sposta in profondità più l'acqua dell'oceano assorbe certe lunghezze d'onda, e l'ambiente circostante si "scolorisce".
Combinando queste due considerazioni, il team guidato da Eleanor Caves ha usato una serie di modelli matematici per capire come cambiano i colori dell'ambiente man mano che un pesce (o un'altra specie acquatica che sfrutta i segnali cromatici) sposta il suo habitat più in profondità. I risultati dicono che basta scendere di circa trenta metri per «passare dalla TV a colori a quella in bianco e nero» secondo il secondo autore dello studio Sönke Johnsen.
Prima di tutto, il rosso. In particolare, la prima lunghezza d'onda che sparisce è quella del rosso: è un problema, perché proprio il rosso è uno dei colori più utilizzati in natura per mandare segnali visivi, per esempio per attrarre un partner (come nel caso dello spinarello) o tenere alla larga i predatori. La crisi cromatica non colpisce tutta la fauna marina allo stesso modo: stando allo studio, le specie più a rischio sono quelle che vivono in mari chiusi (per esempio il Mediterraneo) e che, a fronte di un aumento della temperatura dell'acqua, non possono cambiare latitudine e spostarsi verso i poli in cerca del fresco, ma sono costrette a scendere in profondità, dove il mondo è meno colorato.