Un prato fiorito non è la prima immagine che salta alla mente quando si pensa all'Antartide, ma il riscaldamento globale, cioè la continua tendenza all'aumento delle temperature del pianeta, potrebbe renderla sempre più frequente – ha già cominciato, in realtà, e a un ritmo preoccupante. Lo dice un nuovo studio pubblicato su Current Biology e focalizzato su Signy Island, una delle Orcadi Meridionali, nella quale, negli ultimi sessant'anni, c'è stata una vera e propria esplosione floreale, che ha accelerato in maniera decisiva nell'ultimo decennio.
Più vulnerabile. Inutile dire che questo è un problema, non solo per quello che ci dice sul clima del pianeta ma anche perché un'Antartide più verde è anche più vulnerabile all'invasione di specie aliene.
Lo studio si è concentrato in particolare su due piante, Colobanthus quitensis e Deschampsia antarctica, che sono le uniche angiosperme (cioè piante "superiori", che producono fiori e frutti) presenti in Antartide; le loro popolazioni sono studiate dagli anni Sessanta, in particolare, appunto, sull'isola di Signy. Che negli ultimi decenni è diventata sempre più verde: secondo gli autori dello studio sono due i fattori in gioco.
PRIMO: ADDIO otarie. Il primo è il declino della popolazione di otarie dell'isola, dovuto probabilmente a un calo della disponibilità di cibo nelle acque circostanti: le otarie calpestano le piante, che senza di loro possono crescere indisturbate. Secondo lo studio, l'assenza di otarie è stato il fattore decisivo per l'esplosione floreale dal 1960, quando sono iniziate le osservazioni, fino al 2009; da lì in avanti è tutto "merito" del caldo.
Dal 1960 fino al 2009, le temperature estive nell'isola di Signy sono aumentate di circa 0,02 °C all'anno; dal 2009 l'aumento annuo è schizzato a 0,27 °C. Più caldo significa meno ghiaccio e più suolo a disposizione per le due piante: tra il 2009 e il 2018, la velocità di diffusione di Deschampsia si è quintuplicata rispetto al periodo precedente, e quella di Colobanthus addirittura decuplicata.
Secondo la prima autrice dello studio, l'italiana Nicoletta Cannone, quello che sta succedendo su Signy è indicativo di un trend che coinvolge l'intera regione, e che potrebbe portare a cambiamenti radicali nell'acidità del suolo e nelle popolazioni di funghi e batteri che ci abitano, e alla degradazione del permafrost: tutti eventi che, a cascata, potrebbero avere conseguenze non solo sull'Antartide ma su tutti gli ecosistemi terrestri.
Il secondo rischio. Il ritiro dei ghiacci e il rinverdimento del continente antartico portano con loro anche un altro rischio, cioè quello dell'ingresso di specie aliene: già nel 2018 l'isola ha avuto un antipasto di invasione, con l'arrivo della fienarola annuale.