Come fanno i ragni a coprire grandi distanze semplicemente lanciandosi con i loro stessi fili? Sfruttano le turbolenze d'aria come mezzo di trasporto.
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Un ragno saltatore (Phidippus apacheanus) al balzo. |
I ragni di strada ne fanno tanta, con le loro zampette. Ma in certi casi, quando le distanze sono davvero grandi, anche loro devono fare affidamento a un mezzo di trasporto: i fili che loro stessi tessono per fabbricarsi le ragnatele.
Come l’uomo ragno
Da almeno duecento anni la scienza se lo chiede: come fanno i ragni a percorrere enormi distanze, addirittura centinaia di chilometri, semplicemente aggrappandosi a un sottilissimo filo di ragnatela? Alcuni scienziati del Rothamsted Research di Harpenden, nell’Hertfordshire (Inghilterra) hanno dovuto impiegare dei complessi modelli matematici per descrivere il moto del più leggero mezzo di trasporto al mondo.
Ragni “turbolenti”
La maggioranza dei ragni in cerca di nuovi territori o, più semplicemente, di un compagno o di una compagna tessono finissimi fili che servono loro a “paracadutarsi” altrove. Il viaggio li porta in genere solo dall’altra parte del giardino, tuttavia in alcuni casi possono ritrovarsi anche molto lontano. Per vent’anni il modello accettato da tutti era il cosiddetto ‘modello Humphrey’ che, tuttavia, secondo il team di Rothamsted non teneva in considerazione il ruolo delle correnti d’aria. Il fatto è che il filo dei ragni non è rigido: si muove e si gira su sé stesso in base alle turbolenze così da modificare in continuazione le sue stesse proprietà aerodinamiche, adattandosi alle varie condizioni atmosferiche. È stato proprio studiando il ruolo delle correnti e delle turbolenze che gli scienziati sono arrivati a spiegare come i ragni riescano a coprire distanze decisamente enormi per le loro ridotte dimensioni.
Nella galleria del vento
Per descrivere ancora più a fondo il fenomeno occorrerà però andare oltre. Gli scienziati infatti stanno già pensando a una “galleria del vento” come quelle in cui viene testata l’aerodinamicità delle automobili. L’obiettivo è comprendere come si diffondono le epidemie che colpiscono il bestiame. Il regno, sempre presente nei complessi agricoli, potrà infatti essere impiegato come indicatore in grado di segnalare lo spostamento del bestiame e quindi delle malattie che lo colpiscono.
(Notizia aggiornata al 17 luglio 2006)