La vita sulla Terra è ovunque, anche nei luoghi più inospitali, dai fondali oceanici alle pozze di acido. Molto in alto, nella classifica dei luoghi più improbabili dove trovare la vita, ci sono le piattaforme glaciali, o meglio quello che c'è sotto - a centinaia di metri di profondità, coperto da una coltre di ghiaccio impenetrabile che blocca ogni luce, e lontano dal mare aperto che può portare nutrienti.
Eppure anche in questi ambienti apparentemente inabitabili la vita prospera; e se finora l'avevamo solo osservata grazie all'uso di telecamere subacquee, ora per la prima volta l'abbiamo raccolta e studiata direttamente. È quello che ha fatto un gruppo di ricercatori dell'Alfred Wegener Institute di Bremerhaven, in Germania: i risultati delle loro osservazioni sono pubblicati su Current Biology.
200 metri e in fondo al mare. La spedizione raccontata nello studio risale a tre anni fa, e aveva come destinazione la Neumayer-Station III, una stazione di ricerca del Wegener Institute in Antartide. La base è appoggiata sopra la piattaforma Ekström, una lastra di ghiaccio di 8.700 km quadrati e con una profondità che, nei pressi della stazione, tocca i 200 metri. Il team l'ha perforata usando un getto di acqua bollente ad alta pressione, e ha potuto prelevare campioni del fondale marino. Quello che hanno trovato li ha sorpresi. Hanno infatti potuto identificare 77 specie diverse, tra cui vermi serpulidi e briozoi, una ricchezza di biodiversità superiore anche a quella trovata nel mare aperto intorno alla piattaforma.
Il segreto della vita negli abissi. La maggior parte di queste specie non sono mobili, ma sedentarie, e quindi dipendono, per nutrirsi, da quello che trasportano le correnti, oppure dalla presenza di fitoplancton, che ha bisogno di luce per fare la fotosintesi. Come fanno a sopravvivere in un ambiente buio e situato a quasi 10 km dal mare aperto?
La domanda non ha ancora una risposta, ma quel che è certo è che qualunque soluzione abbiano inventato gli abitanti degli abissi sotto la piattaforma glaciale funziona molto bene: una datazione dei campioni prelevati dal fondo dimostra che in quell'area la vita esiste almeno da 6.000 anni, e nonostante le condizioni estreme è riuscita a sopravvivere in quella che i ricercatori descrivono come "un'oasi". Ulteriori trivellazioni potrebbero portare nuove risposte – che sono urgenti: con il rapido scioglimento dei ghiacci, rischiamo di perdere interi ecosistemi prima ancora di aver scoperto che esistono e come funzionano.