Da qualche anno sapevamo che la domesticazione dei cavalli iniziò in Eurasia circa 4.200 anni fa: ora un nuovo studio che ha analizzato i resti di centinaia di cavalli dell'epoca non solo ha confermato che gli antenati di tutti i cavalli domestici oggi esistenti iniziarono a diffondersi attorno al 2200 a.C. nelle steppe pontico-caspiche, a sud della Russia, ma anche che questa domesticazione accorciò notevolmente l'intervallo di tempo tra una generazione e l'altra. I dettagli dello studio sono pubblicati su Nature.
Intervallo di tempo generazionale. I ricercatori hanno analizzato il genoma di 475 cavalli vissuti fino a 50.000 anni fa, e li hanno confrontati con quello di 71 cavalli domestici moderni appartenenti a 40 diverse razze di tutto il mondo. Hanno così potuto stimare quello che Ludovic Orlando – uno degli autori – chiama "intervallo di tempo generazionale", ovvero il numero medio di anni tra due generazioni successive.
Selezione. Questo tempo iniziò ad accorciarsi notevolmente proprio 4.200 anni fa, arrivando a essere circa la metà per i cavalli allevati rispetto ai propri simili allo stato brado: «Fu proprio attorno al 2200 a.C. che gli allevatori riuscirono a controllare la riproduzione dei cavalli e selezionarne le caratteristiche desiderate, in modo che le generazioni successive fossero sempre più veloci», spiega Orlando.
Generazioni più vicine. Secondo Orlando l'intervallo tra una generazione e l'altra era probabilmente più breve a causa del fatto che i cavalli venivano fatti accoppiare prima rispetto a quando sarebbe avvenuto in natura.
Christine Aurich dell'Università di medicina veterinaria di Vienna sospetta invece che questo accorciamento generazionale fosse dovuto ai maggiori tassi di sopravvivenza delle femmine partorienti: le giumente selvagge, infatti, partoriscono distese su una prateria, con il rischio di venire attaccate dai predatori dopo la nascita dei puledri, che riescono a correre solo diverse ore dopo essere venuti alla luce e spesso non riescono per svariati motivi a bere il primo latte della mamma, morendo di fame. La domesticazione, conclude Aurich, ebbe dunque anche il positivo effetto collaterale di ridurre notevolmente le morti di giumente e puledri.