A tre anni dall'entrata in vigore dell'accordo di Parigi sul clima siamo ancora ben lontani dal raggiungere gli obiettivi prefissati. Dal rispetto del trattato dipende anche la sopravvivenza dei pinguini imperatore, che contano su di noi per non estinguersi entro la fine del secolo.
La previsione. Ottant'anni: questo è quanto resterebbe (al massimo) ai pinguini imperatore prima dell'estinzione, se non facciamo qualcosa per ridurre le emissioni di gas serra e contrastare lo scioglimento dei ghiacci. Non è la prima volta che il Woods Hole Oceanographic Institution (Massachusetts) ci mette in guardia: questa volta lo fa pubblicando uno studio su Global Change Biology, nel quale sottolinea quanto la sopravvivenza di questa specie dipenda ora più che mai da noi. Solo rispettando gli obiettivi prefissati dall'accordo di Parigi, che fissa a 1,5°C l'innalzamento massimo della temperatura globale, potremo salvare i pinguini imperatore dall'estinzione, facendo diminuire la popolazione "solo" di meno di un terzo.
L'importanza dei ghiacci. Più diminuiscono i ghiacciai marini, più i pinguini sono in difficoltà: questa specie infatti, oltre ad aver bisogno di ghiaccio marino stabile su cui nidificare, si nutre di krill, minuscoli crostacei il cui habitat viene influenzato proprio dallo scioglimento dei ghiacciai. «I pinguini sono una specie indicatrice: ci stanno mettendo in guardia sugli effetti futuri del cambiamento climatico», afferma Stephanie Jenouvrier del Woods Hole Oceanographic Institution. «Dobbiamo ascoltarli, e attuare le politiche necessarie a rispettare gli obiettivi dell'accordo di Parigi». Dei forti segnali ci sono già stati: per tre anni consecutivi, infatti, la colonia di pinguini di Halley Bay non è riuscita a riprodursi proprio a causa dello scioglimento dei ghiacci.
Tre scenari. Jenouvrier e i suoi colleghi hanno ipotizzato tre scenari futuri per la popolazione di pinguini imperatore, che si stima essere di 595mila esemplari: il primo, dove il limite di 1,5°C di aumento della temperatura globale viene rispettato, vedrebbe una riduzione della popolazione del 31% entro il 2100; nel secondo caso, con un aumento di 2°C (l'obiettivo minimo dell'accordo di Parigi), la popolazione si ridurrebbe del 44%; nel caso in cui le emissioni continuassero invece ad aumentare, la popolazione subirebbe una riduzione dall'81% all'86%. «Rimarrebbero così pochi esemplari che, in termini ecologici, si parlerebbe di estinzione», afferma Jenouvrier. E avverte: «Dobbiamo muoverci ora».