I picchi sono uccelli famosi per una sola cosa: passano le loro giornate a prendere a testate gli alberi. Martellare i tronchi è la loro attività principale, che serve loro per procurarsi il cibo, per costruire il nido e per comunicare con i propri simili. La domanda quindi sorge spontanea: come fanno a non farsi male? E come fanno a non avere un mal di testa costante? In parte è merito di come il loro corpo (in particolare collo e cranio) si è modificato per resistere agli urti. Ma un nuovo studio pubblicato su Current Biology propone un'ipotesi alternativa: il cervello dei picchi è troppo piccolo perché questi uccelli se ne debbano preoccupare, e le succitate modifiche servono in realtà non per protezione, ma per aumentare l'efficienza del "martellamento".
Come picchiano i picchi. Lo studio si è concentrato in particolare su tre specie: il picchio nero, il picchio pileato e il picchio rosso maggiore. Per tutti e tre gli uccelli, il team dell'università di Antwerp, in Belgio, ha analizzato centinaia di video ad altissimo framerate, che permettono quindi di analizzare nel dettaglio i rapidissimi movimenti fatti dai picchi quando martellano un tronco. In questo modo hanno potuto mettere alla prova l'ipotesi che va per la maggiore: quella, cioè, che i picchi resistano ai danni delle loro testate grazie a una serie di adattamenti fisiologici, dai muscoli del collo particolarmente potenti alle ossa spugnose e in grado di attutire l'impatto con l'albero. Tutte caratteristiche che sembrano fatte apposta per assorbire il colpo nel momento in cui il becco colpisce il tronco: se così fosse, la velocità raggiunta dal becco stesso con l'impatto dovrebbe essere superiore a quella raggiunta dagli occhi dell'uccello, che "arrivano dopo" e beneficiano quindi del rallentamento.
Come un martello. Gli occhi sono stati scelti dal team come punto di riferimento perché sono strutture molli e che hanno un collegamento diretto con il cervello: quello che succede a loro è replicato anche nella scatola cranica. Ecco perché l'analisi dei video ha regalato una sorpresa ai ricercatori: gli occhi dei picchi (e quindi anche il loro cervello) non subiscono alcun tipo di decelerazione durante l'impatto con un albero, e le diverse strutture anatomiche non sembrano in realtà assorbire nulla: la testa dei picchi si comporta come un pezzo unico, un martello senza cuscinetti per ridurre l'impatto. Secondo gli autori dello studio, le ossa spugnose, i muscoli del collo e gli altri adattamenti dei picchi non servono quindi per assorbire l'impatto, ma per resistere alla fratturazione, e permettere all'animale di colpire il tronco con tutta la forza possibile.
Le dimensioni contano. E per quel che riguarda il cervello? Anche qui la spiegazione è semplice: i picchi non lo proteggono perché non ne hanno bisogno, visto che è molto piccolo e inserito in una scatola cranica altrettanto piccola. Non c'è quindi rischio che "balli" dentro il cranio e vada a sbattere contro le pareti: anche durante gli impatti più violenti, il cervello dei picchi rimane saldamente immobile al centro della testa. Questo potrebbe tra l'altro spiegare come mai non esistono picchi che superano il mezzo metro di lunghezza: superare quel limite vorrebbe dire avere cervelli più grossi e pesanti, che farebbero più fatica a resistere ai colpi di quanto ne faccia uno minuscolo e incastonato in una scatola cranica.