Gerald Carter è un ricercatore della Ohio State University che si è specializzato in una materia che sembra uscita da un fantasy: riabilitare il buon nome dei vampiri. Non parliamo, ovviamente, di Dracula e dei suoi parenti, ma di Desmodus rotundus, il vampiro vero di Azara, il piccolo pipistrello americano il cui nome è ispirato alla bestia mitologica, con la quale condivide la tendenza a nutrirsi di sangue. Carter ne studia il comportamento, e nel suo ultimo lavoro su Current Biology ha svelato una caratteristica di questi animali che potebbe aiutare a renderceli più simpatici: sono creature sociali e altruiste, che stringono legami di amicizia che durano anche tutta la vita.
Cibo per tutti. Carter ci tiene innanzitutto a sfatare un mito sui vampiri: non succhiano il sangue; quello che fanno è invece praticare dei piccoli tagli sulla pelle delle vittime, e leccare il sangue che ne fuoriesce. Per sostentarsi hanno bisogno dell'equivalente di un cucchiaino di plasma al giorno: bastano tre giorni di digiuno perché l'animale muoia di fame. Carter ha però scoperto, tramite esperimenti condotti su animali in cattività, che i vampiri si aiutano tra loro, non solo in famiglia (una madre che sacrifica la cena per il figlio non è una rarità), ma anche al di fuori: se si piazza un vampiro denutrito in una gabbia piena di esemplari ben pasciuti, almeno uno di loro andrà dall'animale in difficoltà e condividerà con lui un po' di sangue.
Do ut des. Questi legami non sono occasionali, ma possono durare anni, e si basano anche sulla reciprocità: l'animale con cibo extra da condividere lo fa volentieri anche perché sa che, se si trovasse a sua volta a soffrire la fame, l'amico ricambierebbe il favore. Carter ha scoperto addirittura che l'"amicizia" (anche se il ricercatore non ama questa parola) tra vampiri si mantiene viva anche quando gli animali vengono rilasciati in natura: gli esemplari che cooperano in cattività continueranno a farlo anche una volta tornati in libertà.