Una popolazione di orsi polari rimasta finora sconosciuta è stata scoperta nel sudest della Groenlandia, in un habitat apparentemente improbabile per questi mammiferi marini. Il gruppo di circa 300 esemplari vive infatti sui versanti scoscesi delle scogliere che formano i fiordi - bracci di mare che si insinuano per chilometri all'interno della costa - là dove i ghiacciai incontrano l'oceano.
L'acqua antistante le scogliere è per più di otto mesi all'anno priva di ghiaccio marino, cioè delle piattaforme galleggianti che gli orsi usano per cacciare; ma il materiale che si stacca dai ghiacciai e fluisce nei fiordi sembra servire allo stesso scopo e garantire agli orsi la sopravvivenza. La scoperta è descritta su Science.
Confine invisibile. Fino ad oggi la Lista Rossa IUCN catalogava all'incirca 36.000 orsi polari rimasti in natura, suddivisi in 19 sottopopolazioni nel circolo polare artico. Una di esse occupa un territorio di 3.200 km sulla costa orientale della Groenlandia. Quando Kristin Laidre, ecologa dell'Università di Washington esperta di animali artici e crisi climatica, ha esaminato meglio questa comunità di orsi per contarne gli esemplari, si è accorta di un fatto singolare.
L'analisi di 36 anni di spostamenti degli orsi monitorati con collari GPS ha rivelato che gli Ursus maritimus della costa sudorientale non si spingevano mai sopra a una latitudine di 64 gradi nord, e che quelli della parte nordorientale non avanzavano sotto allo stesso limite. Non si tratta, dunque, di una sola popolazione: sono due, e ben distinte dal punto di vista genetico.
Tagliati fuori. Gli esemplari della costa sudest costituiscono a tutti gli effetti la ventesima popolazione di orsi bianchi: le analisi genetiche hanno confermato che non si incrociano con i "cugini" a nordest da almeno 200 anni. Le ripide scogliere fanno da barriera naturale che limita la mescolanza, e l'assenza di vicini insediamenti umani agisce da fattore protettivo. L'estremo isolamento pone anche un freno alla riproduzione, che procede a rilento perché per questi orsi è difficile incrociare un partner.
Un assaggio di futuro. Di solito gli orsi si nutrono di foche a cui tendono agguati stando appollaiati sul ghiaccio in mare. L'aumento delle temperature dovuto alla crisi climatica fa sì tuttavia che queste zattere galleggianti si formino sempre più tardi in autunno e spariscano prima in primavera, costringendo gli orsi a molte più settimane di digiuno di quelle che già sopporterebbero in estate. I fiordi in cui vive questa sottopopolazione si trovano nella parte inferiore del circolo polare artico e sono liberi dal ghiaccio marino per 250 giorni l'anno.
In un certo senso, imitano le condizioni previste nel resto dell'Artico per il 2100.


Si caccia su quel che c'è. Eppure questi orsi di fiordo sopravvivono bene, e così fanno i pochi esemplari che si spingono fin qui da nord: le analisi genetiche hanno individuato due "intrusi" della costa nord-est che si sono inseriti nella popolazione più a sud e si sono presto adattati alle nuove condizioni. Il fluire del ghiacciaio nei fiordi con la continua perdita di piccoli iceberg al loro interno (quello che gli esperti chiamano mélange di ghiaccio) fornisce agli orsi piattaforme alternative da cui cacciare. In pratica, usano il ghiaccio d'acqua dolce così come userebbero il ghiaccio marino.
Non per tutti. «Il ghiaccio dei ghiacciai può aiutare piccoli gruppi di orsi polari a sopravvivere per periodi più lunghi in epoca di global warming, ma non è disponibile per la maggior parte degli orsi bianchi» spiega Laidre. Esso è presente alle Svalbard o nel nord della Groenlandia, dove però risulta irraggiungibile per questi animali. Anche se i ghiacciai che finiscono in mare potrebbero costituire rifugi provvisori in un mondo investito dalla crisi climatica, ciò non rende il riscaldamento globale meno pericoloso per questi predatori marini. La perdita dell'habitat dovuta alle attività umana è ancora la loro principale minaccia, dentro e fuori dai fiordi.