Ogni volta che una spedizione di zoologi si reca in una zona tropicale, trova decine e decine di specie nuove per la scienza. In particolare sono gli animali a sorprendere. Se non è facile scoprire nuovi uccelli (che sono colorati e visibili), non è impossibile catturare e descrivere nuovi rettili o anfibi, o addirittura specie mai viste prima di mammiferi.
È quello che è successo quando gli zoologi hanno vistato nel 2016 il bacino del fiume Mê Kông, in Asia orientale. Il fiume, lungo più di 2.700 chilometri, attraversa Cina, Myanmar, Laos, Thailandia, Cambogia e Vietnam, e racchiude ancora zone quasi inesplorate, assieme a regioni profondamente modificate dall’uomo.
Gli studiosi hanno così scoperto ben 115 nuove specie di vertebrati, e così tanti nuovi insetti da non poterli contare.
Talpa nasona. Tra gli animali più curiosi e interessanti ci sono una specie di pipistrello del genere Rhinolophus (lo stesso dei pipistrelli ferro di cavallo europei), due nuove talpe del genere Euroscaptor (E. orlovi e E. kuznetsovi), una sottospecie della lucertola coccodrillo (Shinisaurus crocodilus vietnamensis) e una testuggine acquatica che si nutre preferibilmente di chiocciole (Malayemys isan). Le talpe sono caratterizzate soprattutto dal lungo naso, con cui percepiscono la presenza delle prede sottoterra. La testuggine è stata trovata non nel suo ambiente, ma in un mercato alimentare a Udon Thani, in Thailandia.
Vite in pericolo. La scoperta di nuove specie, e quindi l’aumento della conoscenza della biodiversità della zona, non devono però fare dimenticare che il fiume Mekong è sì uno dei più ricchi di specie dell’Asia, ma anche uno dei più minacciati.
Nuove strade, dighe (ne sono in progetto più di 20), miniere e progetti forestali stanno minacciando non solo la sopravvivenza delle specie animali ma anche quella dell’intero ecosistema fluviale, e quindi delle popolazioni sulle sponde.
Mercato vivo. Un’altra minaccia viene, come dimostra la scoperta della testuggine, dalla cattura degli animali per commercio alimentare. Ovviamente i cacciatori non sono attenti alla rarità o meno delle specie e, come il fenomeno del bushmeat in Africa (animali delle foreste uccisi per soddisfare la fame dei boscaioli o dei minatori), qualsiasi animale va bene per sfamare le popolazioni. L’unica soluzione, secondo gli zoologi, è aumentare le zone protette e l’attività delle guardie che impediscono la cattura delle specie più in pericolo.