Cinnamon, Boris e Sylvester sono i nomi dei tre gatti cui un gruppo di lavoro internazionale ha chiesto “in prestito” il DNA, per studiarlo a fondo. I primi due sono gatti domestici (Felis catus), l'ultimo è un animale selvatico, appartenente alla specie Felis silvestris.
I ricercatori sono riusciti a sequenziare e annotare l’intero patrimonio genetico del gatto domestico; anche se c’erano già sequenze preliminari, il lavoro del team è riuscito a svelare fino all’ultimo angolino del DNA felino. Il gatto, o meglio i gatti, hanno secondo questo studio 21.865 geni che codificano per proteine (circa la stessa quantità dell’uomo) con il 55% del genoma composto dai cosiddetti elementi ripetitivi, lunghe sequenze che probabilmente non hanno molto significato.
Malattie in comune. Lo studio del genoma del gatto non è certo fine a se stesso, ma è molto utile, unito a quello di altri mammiferi, per vedere quali sono le regioni del DNA che si sono conservate nell’evoluzione del gatto (743.326 elementi sono evolutivamente conservati, dicono gli autori) e dell'uomo. Sono tratti di DNA che hanno un valore molto importante per la sopravvivenza dell’individuo ‒ uomo o gatto che sia. È stato così chiarito che il genoma del gatto è molto più simile a quello dei carnivori più antichi di quello del cane, per esempio. Cosa che potrebbe anche spiegare perché il cane è stato addomesticato così facilmente, mentre il gatto resta ancora in gran parte dl suo comportamento un animale selvatico.
Inoltre la nostra specie ha in comune con il gatto molte malattie, a cominciare con la FIV (Feline immunodeficiency virus, affine all’HIV umano) o la leucemia felina. Sapere quali siano le zone del genoma più sensibili alle malattie consentirebbe di trovare nuovi metodi di cura anche per l’uomo.
A proposito...