Si chiama ANP, che sta per anthropogenic noise pollution, cioè inquinamento acustico antropogenico – e comprende in sostanza tutto il rumore che produciamo noi esseri umani con le nostre attività: traffico, industrie, aerei e camion, città affollate... È un fenomeno ormai ben noto e i cui effetti sul mondo naturale vengono studiati da anni a livello locale: è proprio così per esempio che abbiamo scoperto che costruire piattaforme in mare disturba il comportamento sociale di molti uccelli, o che nelle zone eccessivamente rumorose finiscono per andare in sofferenza quei mammiferi marini che fanno largo uso di comunicazione subacquea.
Nessuno, però, si era mai preoccupato finora di studiare le conseguenze dell'inquinamento acustico su scala continentale: è proprio quello che hanno fatto un gruppo di ricercatori della School of Forestry and Wildlife Sciences di Auburn, in Alabama, che hanno analizzato gli effetti dell'ANP su 322 specie di uccelli che vivono nel continente americano.
Alzare la voce per farsi sentire. I risultati dello studio - condotto incrociando i dati sull'ANP forniti dal National Park Service e quelli sugli uccelli, raccolti in anni di osservazioni sul campo e contenuti nel database pubblico eBird - hanno dimostrato principalmente due cose. Innanzitutto, che nelle zone antropizzate (ovvero quelle aree che in qualche modo sono state alterate dall'uomo) l'inquinamento acustico prodotto dalle nostre attività è doppio rispetto a quello presente nelle zone selvatiche, in particolare le foreste.
Poi, ed è questo forse il risultato più interessante, si è rilevato che il canto degli uccelli che vivono a stretto contatto con l'uomo è molto più complesso di quello dei loro "cugini di campagna": questa è una conseguenza del fatto che in un ambiente antropizzato è più difficile distinguersi dal rumore di fondo e farsi notare, ed è quindi necessario elaborare metodi espressivi più complessi.