I giganti dei mari, balene, delfini, squali, sono ormai tutti animali a rischio di estinzione a causa dei cambiamenti climatici e, più in generale, della presenza dell'uomo negli oceani: pesca eccessiva, distruzione dell'habitat, inquinamento, microplastiche... Le nostre colpe nell'estinzione della cosiddetta megafauna oceanica sono evidenti. Uno studio pubblicato su Global Change Biology mette in evidenza un'altra strage causata con ogni probabilità dall'uomo: tra il 1970 e il 2012 le popolazioni della megafauna di acqua dolce, i colossi che abitano fiumi e laghi, sono declinate del 94%.
Una valutazione impressionante, ma non inaspettata: per le loro caratteristiche, le megafaune - termine che indica genericamente qualsiasi specie animale di grandi dimensioni, tanto che alcuni classificano anche l'uomo come tale - sono le prime a subire gli effetti della degradazione dell'habitat. Successe con i dinosauri ed è successo nelle ultime decine di migliaia di anni con mammut, smilodonti e altri mammiferi giganti, spazzati via dalla faccia della Terra da rapidi cambiamenti climatici e dalla presenza dell'uomo. E sta succedendo oggi, a ritmi spaventosi, con le megafaune di fiumi e laghi; lo studio ha analizzato la situazione di 126 specie (su circa 200 totali di pesci d'acqua dolce oltre i 30 kg) in 72 Paesi, riscontrando ovunque gli stessi risultati: un calo del 94% dei pesci giganti d'acqua dolce, e dell'88% delle megafaune fluvali e lacustri - che comprendono anche anfibi e rettili di grandi dimensioni, come salamandre e caimani.
Le specie più grandi sono le più colpite da eventi come i cambiamenti climatici e la distruzione dell'habitat perché fanno meno figli, maturano più lentamente e hanno bisogno di molto spazio. I laghi e i fiumi di tutto il mondo, in particolare i corsi d'acqua maggiori, come il Gange e il Mekong, sono invece sempre più affollati di imbarcazioni e sempre più terreno di pesca intensiva; in più, i grandi fiumi ormai pullulano letteralmente di centrali idroelettriche a bacino (quelle costruite vicino alle dighe artificiali, per capirci), che disturbano o impediscono il libero movimento delle megafaune. Il risultato è che quelli che erano habitat naturali non sono più accoglienti, e gli animali non riescono ad adattarsi abbastanza rapidamente al cambiamento.
Oltre a fare luce sulla drammatica situazione di queste specie, che comprendono animali incredibili, come il pesce gatto gigante del Mekong (3 metri di lunghezza per 350 kg di peso) e la carpa gigante (un metro e mezzo per 30 kg), la ricerca è anche una richiesta di aiuto: molti rappresentanti delle megafaune d'acqua dolce sono ancora poco conosciuti e poco studiati, ed è dunque difficile sviluppare strategie di conservazione efficaci.
Addirittura, per alcune di queste specie (tra cui le due citate, entrambe classificate come in pericolo critico) la situazione potrebbe essere drammatica, secondo l'autore dello studio, Fengzhi He, che fa riferimento in particolare al delta del Mekong.