Una nuova analisi del Dna di uomini e scimmie rivoluziona la classificazione. E se gli scimpanzé fossero ''uomini''?
Forse i tentativi di insegnare qualcosa agli scimpanzé (qui la studiosa Sue Savage-Rumbaugh) non sono del tutto inutili. |
La verità dei geni. I geni esaminati, a differenza di altri studi, sono solo quelli codificanti, cioè tratti di Dna che portano alla produzione di proteine. È la “distanza” genetica tra le tre specie (classificate finora come Homo sapiens - l'uomo, Pan troglodytes - lo scimpanzé comune, e Pan paniscus - il bonobo) è così limitata che i ricercatori dell'università di Detroit ritengono che esse vadano poste nello stesso genere, Homo, il primo descritto da Linneo.
Anche perché, fanno notare, le regole della classificazione zoologica impongono che due specie che hanno lo stesso antenato comune siano poste nello stesso genere. Ed è proprio questo il caso dell'uomo e delle due specie di scimpanzé. Il loro antenato risale a circa 6 milioni di anni fa, ed è diverso da quello che ha dato origine ai gorilla e, ancora prima, agli oranghi.
Un futuro per le scimmie? Anche se dal punto di vista della vita “normale” di uomini e scimpanzé probabilmente non cambierà nulla (i primi continueranno a massacrare i secondi e forse li faranno estinguere a breve) la proposta è interessante; secondo i ricercatori mette infatti sullo stesso piano due specie finora divise da un solco che essi pensano sia derivato da un concetto errato, quello della grande catena dell'essere. Per il quale l'uomo è la specie più evoluta, e tutte le altre sono scalini inferiori di una scala evolutiva.
(Notizia aggiornata al 20 maggio 2003)