Trovarsi faccia a faccia con un capodoglio (Physeter macrocephalus) è già di per sé un'esperienza indimenticabile. Figuriamoci avere a che fare con l'altra estremità del cetaceo, e con quello che ne deriva. Il fotografo canadese Keri Wilk è uno dei pochi sub al mondo a poter vantare una simile avventura.
Mi scappa. Levati di mezzo! Durante un'immersione nelle acque dell'isola caraibica di Dominìca, Wilk ha assistito a un'astuta e divertente mossa difensiva del bestione: l'evacuazione di emergenza. In pratica, liberare l'intestino in faccia all'intruso, per cercare di allontanarlo.


Nebbia improvvisa. Mentre Wilk tentava, insieme a tre colleghi, di fotografare il capodoglio, il gigante marino ha svuotato in mare il prodotto dei suoi ultimi pasti, e ha agitato un po' le acque per assicurarsi che arrivasse il messaggio. «Sembrava di trovarsi in un frullatore grande quanto un autobus» racconta Wilk. Una nuvola di feci che per fortuna, con la maschera in viso, è risultata inodore («il sapore è un'altra questione», scherza il fotografo).
Pancia piena. I capodogli possono raggiungere i 19 metri di lunghezza e le 50 tonnellate di peso, e consumano ogni giorno fino al 3% della loro stazza in calamari. Il loro intestino è il più lungo al mondo, fino a 300 metri negli esemplari più grossi.
Difesa o... urgenza? Sono anche i più grandi mammiferi marini muniti di denti e, salvo le orche, non hanno grandi predatori naturali. Per questo il comportamento difensivo osservato da Wilk, più comune nel cogia di Owen (Kogia sima), un cugino nano di questi cetacei, è molto curioso in un capodoglio di queste dimensioni. In ogni caso, i loro escrementi sono importantissimi per l'ecosistema marino, perché fertilizzano la superficie oceanica favorendo la crescita del fitoplancton.








