L'accoppiamento con esemplari della stessa famiglia è un importante fattore di rischio per gli animali che vivono in grandi gruppi sociali, circondati da consanguinei. Le manguste striate dell'Uganda (Mungos mungo) sembrerebbero aver trovato il modo di evitare legami "pericolosi" pur senza rinunciare a vivere nel loro gruppo di origine.
In altre parole, riuscirebbero a dribblare i rapporti con individui geneticamente troppo simili anche senza bisogno di emigrare lontano al momento dell'accoppiamento, come fanno molti animali. Sono queste le conclusioni di uno studio comportamentale e genetico durato 16 anni e condotto da Jennifer Sanderson, dell'Università di Exeter (Inghilterra).
Ricerca scrupolosa. Per la ricercatrice, mentre la maggior parte degli animali sociali evita l'accoppiamento tra consanguinei scegliendo di non accoppiarsi nelle situazioni "a rischio", o mischiandosi in gruppi di non-parenti, i maschi di mangusta striata sembrano cercare attivamente, per mettere su famiglia, femmine con cui non sono imparentati, pur in assenza di migrazione.
un fiuto per i parenti. Come facciano esattamente, ancora non è chiaro. Forse si affidano a segnali odorosi, o alle caratteristiche dei richiami sonori, per scovare eventuali parentele. Sanderson e colleghi hanno analizzato campioni genetici di circa 1500 cuccioli di manguste per quantificare la frequenza degli episodi di inbreeding. Così hanno scoperto che l'accoppiamento tra consanguinei porta a partorire cuccioli molto più piccoli, ed è quindi per questi mammiferi evolutivamente poco vantaggioso.
Emancipate. Anche le femmine sembrerebbero avere un ruolo attivo nella scelta di compagni non consanguinei: per i ricercatori, mostrano di preferire la presenza di un "bodyguard" (il tipico atteggiamento che assumono i maschi interessati all'accoppiamento) che non conoscono, rispetto a quella di un noto "cugino".