Altri nuvoloni si addensano sui cieli già in tempesta della conservazione degli anfibi, già compromessa dalla diffusione di un microscopico fungo letale (per approfondire). Secondo uno studio pubblicato su Current Biology, sarebbero minacciate di estinzione almeno altre 1000 specie di questa classe di vertebrati, rispetto a quelle note fino ad ora.
Come minimo un quarto delle circa 8000 specie note di anfibi è minacciato o a rischio estinzione. Tuttavia, soltanto del 44% delle specie si hanno valutazioni oggettive basate su dati scientifici aggiornati, come quelle della Lista Rossa IUCN. Per 2200 specie non c'era nemmeno le informazioni di base da cui partire, sia per la scarsità di dati raccolti negli ultimi 15 anni, sia per la velocità di scoperta di nuove specie in angoli ancora incontaminati del Pianeta.
Previsioni fosche. Per colmare questo divario di conoscenza, i biologi delle Università di Sheffield e Yale hanno utilizzato la statistica: hanno esaminato l'ecologia di ciascuna popolazione, la sua distribuzione geografica, i tratti evolutivi e la relazione di ciascuno di questi attributi con il rischio di estinzione. In questo modo, sono riusciti a prevedere se ciascuna delle specie poco note fosse minacciata di estinzione, e in che misura.
La metà delle circa 2200 specie carenti di dati è risultata a rischio, soprattutto nelle regioni neotropicali (Sud e Centro America, Caraibi, Messico e Florida meridionali) e nel Sudest asiatico. Circa 500 specie si troverebbero nelle voci Endangered o Critically Endangered della Lista Rossa IUCN, se mai fossero state valutate, ossia uno o due gradini prima dell'estinzione. Tre specie potrebbero essersi già estinte (ancora prima che potessimo conoscerle).
Lo stesso destino. Unica nota positiva nelle amare conclusioni, è che almeno in alcune parti del mondo (come nelle regioni neotropicali) le specie minacciate di estinzione condividono l'areale con quelle poco conosciute classificate come a rischio dallo studio. Proteggendo le prime stiamo già tutelando, quindi, anche le seconde. Purtroppo non si può dire lo stesso per quelle di Africa centrale e Sudest asiatico: qui, le aree di distribuzione delle specie già protette e di quelle probabilmente a rischio, ma ancora carenti di dati, non coincidono.