Quando attribuiamo delle virtù umane umane ad altre specie, di solito le pecore non ne escono bene. Remissive, prive di personalità, inette... è così che le immaginiamo. Ma malgrado viviamo a stretto contatto con questi ovini da circa tredicimila anni, ossia da quando l'uomo iniziò ad addomesticare il muflone selvatico, forse li conosciamo ancora poco.
L'intelligenza delle pecore. Nel 2001 uno studio di Keith Kendrick, docente della University of Electronic Science and Technology in Cina, ha rivelato che una pecora può riconoscere e ricordare i volti di almeno cinquanta simili per almeno due anni, e ci sono prove che è in grado di distinguere un viso umano imbronciato da un sorriso, e anche di mostrare predilezione per quest'ultimo.
Amiche per sempre. Con uno studio condotto negli anni '90, i ricercatori dell'università della California hanno invece messo in evidenza la loro complessa vita sociale: alcuni montoni osservati per tre anni stabilivano solide amicizie e si prendevano cura l'uno dell'altro nel momento del bisogno, per esempio intervenendo in aiuto dei compagni più deboli o supportandosi a vicenda nella lotta.
Distruttive... Ma uno dei lati meno noti delle pecore è forse il meno piacevole. Secondo la FAO ci sono oggi sul pianeta circa 1,2 miliardi di esemplari, e questo sta avendo effetti disastrosi in quelle zone del mondo con una ricca fauna selvatica. In Kenya, per esempio, il pascolo delle pecore sta portando a una vistosa riduzione della savana, con tutte le conseguenze del caso per elefanti, bufali e zebre, i quali hanno bisogno di una vegetazione più alta per alimentarsi. Secondo uno studio del 2016, dal 1977 al 2016 la fauna selvatica nel Paese africano è diminuita del 68%, a fronte di un aumento della popolazione ovina del 76 per cento.
Certo non si può sostenere che di ciò siano primariamente responsabili le pecore, ma sottolinearlo permette anche di raccontare questi animali in modo diverso, oltre gli stereotipi delle pecore stupide e adorabili.