La prima cosa che vi viene in mente se diciamo "lucciole" è la loro caratteristica principale: la luce che emettono dall'addome, utilizzata nella ricerca di un partner come segnale di disponibilità sessuale (e in casi più rari come esca per attirare le prede). Un'abilità che le rende inconfondibili, ma che ha anche i suoi rischi: brillare nel buio è il modo migliore per attirare l'attenzione di chi ti vuole mangiare, a meno che non sia un avvertimento, proprio come nel caso delle luccione, che in questo modo avvisano il mondo con un'insegna luminosa che recita "sono velenosa!". Un avviso che qualcuno potrebbe trascurare: i pipistrelli, per esempio, che ci vedono poco e che per orientarsi nella caccia usano i suoni, non la luce.
Uno studio dell'università di Tel Aviv, pubblicato su iScience, rivela però che le lucciole hanno anche un'altra freccia al loro arco: sono capaci di produrre una vera e propria armatura sonora che confonde quei predatori e li tiene alla larga.
Dimmi perché brilli. Oltre alle sue funzioni riproduttive, la luminescenza delle lucciole ha anche un altro scopo: è aposematica, serve cioè come segnale di pericolo che invita i potenziali predatori a stare alla larga; questo perché il corpo delle lucciole (in particolare nella loro fase larvale) contiene un veleno che le rende indigeste; è il motivo per cui possono brillare indisturbate nella notte, nonostante siano visibili ai potenziali predatori.
Per i pipistrelli, che sono i loro nemici numero uno, il discorso è lievemente diverso: la vista di questi mammiferi è scarsa, se non inesistente, e le lucciole devono trovare altri modi per tenerli lontani. Yossi Yovel, primo autore dello studio, ha scoperto per caso la soluzione a questo enigma: stava registrando i richiami di alcune specie di pipistrelli in una foresta tropicale, e ha notato che nei file audio comparivano altri suoni, a frequenze simili a quelle usate dai pipistrelli, ma provenienti da un'altra fonte - le lucciole, appunto. Incuriosito, Yovel ha provato a esaminarne tre diverse specie, due diffuse in Vietnam e una endemica di Israele, e ha scoperto che tutte e tre producono questi suoni - anche se il termine corretto sarebbe "ultrasuoni", visto che parliamo di frequenze altissime, non udibili dal nostro orecchio.
Il suono come armatura. Il dettaglio più interessante è che questi suoni, che vengono prodotti sfregando le ali, non sono udibili dalle lucciole stesse, e quindi secondo Yovel non sono utilizzati per comunicazioni tra loro, ma sono rivolti ad altri animali.
Nello specifico, l'ipotesi è che il bersaglio siano appunto i pipistrelli: gli ultrasuoni fungono da vera e propria armatura sonora, che li confonde e li tiene a distanza. Si tratta, per l'appunto, solo di un'ipotesi, non ancora confermata e da mettere alla prova con ulteriori esperimenti; ma se fosse confermata si tratterebbe di uno dei rarissimi casi in cui un animale manda ad altre specie segnali di avvertimento che lui stesso non riesce a percepire.