Animali

Le cinciarelle infedeli hanno più figli

Le femmine che si accoppiano con più maschi hanno una discendenza più numerosa: perché tutti i maschi fanno la guardia alla nidiata.

Anche se molte specie di animali sono classificate come monogame, non significa che maschi e femmine non siano, a volte, infedeli al partner. Finora la teoria diceva però che i vantaggi dei tradimenti sono tutti per i maschi, con le femmine che ne hanno solo un guadagno indiretto.

Nuove ricerche, non ancora pubblicate, sulla cinciarella (Cyanistes caeruleus), un piccolo e grazioso insettivoro dei boschi europei, sembrano ribaltare questo approccio e rinnovano la discussione sull’evoluzione delle cure familiari e sull'investimento di tempo ed energia di maschi e femmine.

Gli studi della biologa evoluzionista francese Adèle Mennerat hanno infatti dimostrato come le femmine di cinciarella che si accoppiano con maschi diversi dal partner “ufficiale” allevano più piccoli: questo perché anche i partner occasionali difendono il nido, e i pulcini, dai predatori.

Ci guadagna il maschio. Secondo la teoria classica, nelle specie monogame (in cui ci sono cioè coppie stabili almeno per una stagione, come accade per la cinciarella) i maschi sono infedeli perché in questo modo diffondono i loro geni anche in altri nidi. Alla fine della stagione riproduttiva hanno così più piccoli.

Le femmine invece andrebbero alla ricerca di maschi diversi dal partner scegliendoli tra i più prestanti e dotati di geni migliori. I loro pulcini crescerebbero così ("sperano" le femmine) più forti e intelligenti, ma non ci sarebbe un aumento del numero dei piccoli. Secondo questa prospettiva, solo i maschi sono favoriti dall’infedeltà: le femmine sarebbero quindi solo passive allevatrici.

Cinciarella, di stevopretch (Stefano Pretti)

Questo scatto è stato eseguito con capanno mobile. Dopo qualche minuto si è presentato questo bellissimo esemplare di Cinciarella, tra l’altro il primo della stagione 2014. © Focus/stevopretch (Stefano Pretti)

Ma Adèle Mennerat, del gruppo di ecologia teorica dell’università di Bergen, in Norvegia, ha osservato che i piccoli nati da “avventure” non hanno una fitness migliore degli altri (la fitness evolutiva è la misura del successo riproduttivo di un individuo).

Questo significa che ciò che spinge la femmina a tradire non è solo la spinta ad avere figli migliori.

Secondo le osservazioni di Mennerat e un modello teorico sviluppato da altri studiosi (Sigrunn Eliassen e Christian Jørgensen, pubblicato sulla rivista PlosOne), i partner “non ufficiali” contribuiscono al benessere dei piccoli difendendoli dai pericoli e dai predatori, come genette, corvi e scoiattoli, che fanno man bassa dei pulcini senza difese. Usano cioè un po’ del loro tempo e delle loro energie per difenderli, perché loro stessi potrebbero essere padri di quelle nidiate.

La scelta femminile. Secondo Mennerat e altri evoluzionisti questo comportamento testimonia che le femmine non sono soggetti passivi, e che le loro scelte sono, come quelle dei maschi, volte ad aumentare il numero di figli.

Non solo: il coinvolgimento dei maschi nei dintorni del nido, potenziali padri, porterebbe anche al “bene comune” dell’angolo di bosco dove questi uccellini hanno nidificato. Un pensiero molto lontano da quello della parte più ortodossa della biologia evolutiva moderna, che vede nel comportamento di ogni individuo solo l’interesse personale e non quello del gruppo.

7 giugno 2016 Marco Ferrari
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