Animali

La coscienza degli animali

Gli elefanti si riconoscono allo specchio, gli scimpanzé hanno molte personalità. Gli scienziati lo hanno dichiarato: non avete idea di quante cose le gazze o i delfini abbiano in mente.

Che cosa c’è di straordinario in un elefante che si guarda allo specchio? Molto più del fatto che la scena non è comune in giungle o savane. Lo ha dimostrato Happy, femmina di elefante asiatico sottoposta al “test dello specchio” nello zoo del Bronx, a New York. Ecco come funziona.

Gli animali sono marchiati con un segno sul corpo che non possono vedere, se non guardandosi allo specchio. Il test è banale per noi Homo sapiens, ma non lo è affatto per gli animali. Riconoscere che quella riflessa è la propria immagine, e non quella di un altro individuo, ha un significato importante: implica che l’animale ha coscienza di sé, che capisce di essere un individuo diverso da altri. Happy ha superato il test: ha visto nello specchio una crocetta disegnata sulla sua testa e l’ha toccata con la proboscide.


Fino all’esperimento di Joshua Plotnik, Frans de Waal e Diana Reiss, nel 2006, avevano superato il test solo le scimmie antropomorfe e cetacei come i delfini. Ed è stato un passo ulteriore negli studi che stanno portando gli scienziati a capire molto di più sulla mente degli animali, ribaltando una vecchia visione che li considerava come automi guidati solo dall’istinto. Gli etologi hanno scoperto comportamenti niente affatto automatici e che molte specie hanno una complessa vita sociale ed emotiva. Si è fatta strada l’idea che gli animali siano esseri senzienti, consci di ciò che accade attorno a loro, e coscienti di sé come individui.


Tanto che nel 2012 alcuni ricercatori si sono riuniti per stendere la “Dichiarazione di Cambridge sulla coscienza” degli animali prendendo in esame le prove a favore, prima di tutto per mammiferi e uccelli. Del resto, diversi passi nel cammino verso il riconoscimento della coscienza sono stati ormai compiuti. Andiamo per punti.

Un cebo cappuccino: nei test, imparano a scambiare denaro per cibo e sanno valutare la convenienza.
La coscienza aiuta a gestire una vita sociale complessa. Ed è presente nelle specie che mostrano empatia e aiutano gli altri membri del gruppo © Tim Flach

EMOZIONI. Gli animali hanno emozioni e intelligenza: gli scienziati hanno visto scimmie che non abbandonano il corpo dei figli morti, o corvi, delfini e lontre che giocano per ore. «Non ci chiediamo più se un cane o uno scimpanzé sentano gioia, dolore, rabbia o gelosia. Le emozioni animali esistono, e si sono evolute per essere un “collante sociale”» sostiene Mark Bekoff, docente di ecologia alla University of Colorado (Usa), in un articolo. «Alcuni animali potrebbero avere il senso dell’umorismo o quello della meraviglia». E anche sull’intelligenza non mancano le prove: ci sono cornacchie che mettono le noci sulle strade e aspettano che le automobili le schiaccino per aprirle, scimpanzé che riescono a comunicare con gli uomini, elefanti che collaborano.

Molti sanno usare strumenti e risolvere problemi nuovi, un chiaro segno di intelligenza.


Il passo cruciale è capire se oltre ad avere emozioni gli animali sono anche “coscienti” di sé. «La definizione di coscienza è complicata e ci sono diverse visioni. Se vogliamo, l’unica persona che siamo sicuri sia cosciente siamo noi stessi» estremizza Helen Proctor, responsabile scientifico della World Society for the Protection of Animals. «Ma secondo molti ricercatori ci sono prove a favore della coscienza degli animali».

Come appunto il test dello specchio: tra i mammiferi lo hanno passato scimpanzé, bonobo, orangutan, gorilla, elefanti, tursiopi e orche. Oltre agli uomini (dai 18 mesi di età in poi).

Nel 2008 si è aggiunto all’elenco un uccello: la gazza. Il caso è ricordato anche nella Dichiarazione di Cambridge. Gli uccelli mostrano caratteristiche che in precedenza si pensava richiedessero la neocorteccia dei mammiferi, cioè la parte del cervello sviluppata più di recente nell’evoluzione e considerata la sede delle funzioni cognitive superiori. Gli uccelli non hanno la neocorteccia, ma secondo gli scienziati firmatari della Dichiarazione hanno comunque avuto un’evoluzione parallela della coscienza.

Un barbagianni. Secondo alcuni studiosi, negli uccelli c’è stata una evoluzione della coscienza, benché il loro cervello sia diverso da quello dei mammiferi. © Tim Flach

ADULTERIO. Altri comportamenti rivelano che, in molte specie, gli animali sanno bene chi sono e chi hanno intorno. In alcune scimmie il tradimento (di un maschio subordinato con una femmina che appartiene all’harem del maschio alfa) avviene di nascosto e senza urla, perché i due esemplari coinvolti sanno bene che essere scoperti avrebbe gravi conseguenze. Lo stesso vale per gli uccelli. Le ghiandaie di macchia americane sotterrano il cibo trovato: se un’altra ghiandaia le vede, cambiano nascondiglio. E aumentano le prove che in molte specie ogni individuo abbia una personalità, come tra gli scimpanzé.


PROVE BIOLOGICHE. Gli scienziati riuniti a Cambridge hanno inoltre preso in esame le basi biologiche. La Dichiarazione afferma che «gli umani non sono gli unici a possedere i substrati neurologici che generano la coscienza»; li hanno anche «gli animali non umani, includendo tutti i mammiferi e gli uccelli, e molte altre creature, inclusi i polpi». Che per esempio sanno imparare, usano “attrezzi” (come gusci di noci di cocco per fare rifugi) e giocano. I ricercatori a favore della coscienza animale sostengono che «gli uomini hanno lo stesso tipo di funzioni che possiedono altri animali. Sono prove importanti che dicono come, avendo lo stesso cervello, anche se meno complesso, gli animali siano coscienti quanto noi» afferma Proctor. Insomma abbiamo lo stesso tipo di cervello per elaborare segnali e governare comportamenti, anche se evoluto a uno stadio diverso, così come abbiamo gli stessi occhi o gli stessi recettori del dolore. È quella che si chiama “continui­tà evolutiva”, legata a quanto sosteneva già Charles Darwin: tra animali e uomini la differenza è di quantità, non di qualità.

Anche gli animali hanno diverse personalità. Ci sono le prove per varie specie. Tra gli studi più recenti, un test dall’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr, che ha evidenziato 21 tratti di personalità tra i cebi dai cornetti. E, per gli scimpanzé, Hani Freeman del Lincoln Park Zoo di Chicago ha persino messo a punto (sulla base di studi precedenti) un modello di descrizione della personalità simile a quello dei Big Five, le 5 dimensioni di personalità degli uomini. Per i nostri parenti prossimi, le dimensioni sono 6: estroversione, gradevolezza, apertura mentale, che corrispondono a 3 delle dimensioni umane, reattività (tendenza all’irritabilità e all’aggressione: simile al nostro nevroticismo), metodicità (come si usano attrezzi: ricorda la nostra coscienziosità), dominanza. © Gerard Lacz/VWPics/Redux/contrasto


QUESTIONE DI POTERE. Il dibattito è però aperto. «Si potrebbe dire che tra noi e gli animali è sempre possibile un salto ­evolutivo» sostiene Giorgio Vallortigara, direttore del Centro interdipartimentale ­Mente/Cervello di Trento. «E che noi possediamo caratteristiche, come l’esperienza consapevole degli atti che facciamo e di quello che sentiamo, che negli altri animali non ci sono. Gli animali potrebbero vedere il mondo in maniera diversa dalla nostra e comportarsi in maniera adeguata anche senza avere esperienza cosciente». Il passo successivo della scienza è d’altra parte chiedersi perché gli animali abbiano evoluto la coscienza. E, ribatte Vallortigara, «è poco chiaro che cosa fornirebbe di così utile nel comportamento sociale».


Ma alcuni benefici sono stati ipotizzati. Per esempio, molti animali che dimostrano di avere coscienza di sé e degli altri appartengono a specie dalla vita sociale molto complessa: le scimmie antropomorfe, i corvidi come gazze e cornacchie, i delfini e gli elefanti. Gli scienziati sottolineano come le specie che hanno superato il test dello specchio mostrano empatia e aiutano i membri del gruppo. Avere coscienza di sé permetterebbe di formare comunità più unite, dominando chi non è in grado di gestire i rapporti sociali e collaborando per ottenere cibo e potere.

12 giugno 2015 Marco Ferrari
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