Diciassette milioni di anni fa, una balena di 7 metri si inoltrò in un fiume africano e nuotò per quasi mille chilometri. Lo ha scoperto un team internazionale di ricercatori, dopo il sorprendente ritrovamento dei resti fossili del cetaceo nella zona del Lago Turkana, in Kenya. Oltre a raccontare una storia curiosa ed enigmatica, il ritrovamento riveste una grande importanza negli studi sui cambiamenti della Rift Valley, che hanno portato alla nascita dell'umanità.
Il lungo viaggio. La balena, a cui non è stato dato un nome ma che sembra appartenere alla famiglia delle Ziphiidae (di cui oggi si contano 20 specie) si è arenata in una zona lontana 740 km dalla costa attuale del Kenya, a una altitudine di 620 metri. Gli scienziati suppongono che il cetaceo abbia compiuto un viaggio lungo fino a 900 chilometri nell'Oceano Indiano in direzione ovest, entrando senza accorgersi in un fiume dal letto molto ampio e finendo spiaggiata a una altitudine di 23-36 metri sopra il livello del mare di allora.
Non sappiamo altro del suo viaggio, e il team di ricerca ipotizza che la balena abbia proprio “sbagliato strada”, per poi non riuscire più a tornare indietro. Non è il primo caso di balene smarrite, ma mai un cetaceo era arrivato così in alto sul livello del mare.
Un'ossessione lunga 35 anni. I resti della balena, i più antichi mai rinvenuti, sono stati trovati durante gli scavi nella zona occidentale del Lago Turkana condotti da Louis Jacobs, paleontologo dalla Southern Methodist University di Dallas, Texas.
Jacobs li cercava da circa 35 anni, da quando, lavorando al National Museums of Kenya si imbatté nel manoscritto (risalente al 1964) del paleontologo James G. Mead, dello Smithsonian Institute, in cui si parlava di un fossile di tartaruga. Mead in realtà si sbagliava: in seguito il resto venne classificato come appartenente a una balena, stuzzicando l'interesse di Jacobs.
Nuova luce sulla civiltà. La lunga ricerca si è conclusa da poco, ed è stata pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences. Un'analisi allo scanner delle ossa di balena condotto in Germania presso l'Università di Potsdam ha contribuito a far luce sull'evoluzione geologica del territorio, e su molto di più: «La balena ci dice molte cose», spiega Louis Jacobs, «Ci indica il punto in cui sorse l'altopiano che ha portato allo sviluppo dell'uomo. È una cosa stupefacente».
A partire dall'altitudine a cui si arenò il cetaceo (22-36 metri), gli scienziati sono riusciti a stabilire in almeno 13 milioni di anni fa la data (finora incerta) dell'innalzamento del plateau africano, quando corsi d'acqua e lava hanno iniziato a fluire verso est dalle alture elevandolo di altri circa 590 metri.
Il sorgere dell'altopiano ha determinato il graduale mutamento dell'ambiente compreso fra la Rift Valley e il Lago Turkana, da foresta umida a savana, generando quella che viene considerata la “culla dell'umanità”. Fu proprio a causa di questa trasformazione che i primati hanno iniziato a camminare eretti e a percorrere lunghe distanze, favoriti dagli ampi spazi intervallati da alberi del nuovo ambiente.
Ora, sostiene Henry Wichura, geologo strutturale a Potsdam, «abbiamo finalmente l'evidenza geologica che era sempre mancata in quest'area».