In un antico complesso funerario in Siria, Tell Umm el-Marra, nel 2006 vennero ritrovati gli scheletri di 25 animali simili a cavalli, ma dalle proporzioni fisiche diverse: i ricercatori li identificarono come kunga, un raro tipo di asino molto apprezzato dalle élite dell'epoca. Uno studio pubblicato su Science Advances ha effettuato un'analisi genetica dei resti degli animali, ottenendo dei risultati inaspettati: i kunga sarebbero il primo esempio di animali ibridi, frutto dell'unione (pilotata dall'uomo) tra una femmina di asino domestico (Equus Africanus asinus) e un maschio di asino selvatico siriano, o emippo (Equus hemionus hemippus).
Status symbol. I kunga, come i muli al giorno d'oggi (frutto dell'incrocio tra una cavalla e un asino), erano quasi sempre sterili. Ogni esemplare era dunque unico, e per questo possederlo era considerato un simbolo di ricchezza: secondo quanto inciso su antiche tavolette d'argilla, i kunga costavano sei volte il prezzo di un asino domestico e venivano utilizzati per trainare i veicoli dei sovrani e i carri da guerra, oltre a fungere da dote nei matrimoni. «Si trattava di animali molto speciali», spiega Eva-Maria Geigl, autrice dello studio, che definisce i kunga "il primo esempio di bioingegneria".
Secondo Geigl, gli antichi siriani iniziarono a incrociare le due specie di asini dopo averli visti per caso riprodursi in natura e dare vita a una prole con qualità interessanti: i kunga erano infatti veloci come gli emippi e docili come gli asini domestici - una combinazione perfetta anche sui campi di battaglia.
Rimpiazzati dai cavalli. Con l'introduzione in Mesopotamia dei cavalli (circa 4.000 anni fa), che riunivano le caratteristiche dei kunga ma in più potevano riprodursi, l'interesse verso quegli animali diminuì fino a svanire. Oggi non potrebbero esistere: abbiamo asini domestici in abbondanza, ma l'ultimo esemplare di asino selvatico siriano morì negli anni Venti del secolo scorso, segnando con la sua anche la fine dei kunga.