«Duecento anni fa in Australia c'erano milioni di koala. Oggi ne rimangono circa 100.000, e ogni anno ce ne sono sempre di meno». Tanya Pritchard, conservazionista del WWF che lavora da sempre nella sua terra natìa, non usa mezzi termini per descriverci la situazione di quello che lei stessa definisce "l'animale più iconico d'Australia". Pritchard è la program manager di Koalas Forever, un progetto del WWF nato due anni fa in seguito alla "estate nera" degli incendi e che ha come ambizioso obiettivo quello di raddoppiare la popolazione di koala in Australia entro il 2050. «È ambizioso perché i loro numeri sono in declino da anni, e non solo per colpa degli incendi. Ma abbiamo un programma costruito su cinque pilastri che stanno già portando investimenti notevoli per interventi di conservazione e ripopolamento, e vogliamo fare sempre di più».
Proteggere e ripristinare. Un tempo abbondanti e distribuiti anche verso ovest, dove ormai sono quasi spariti, i koala hanno cominciato ad avere problemi con noi umani solo nell'ultimo secolo: nella prima metà del Novecento, milioni di esemplari vennero sterminati per la loro pelliccia. La caccia al koala venne vietata negli anni Sessanta, sostituita però da «disboscamenti che distruggono migliaia di ettari ogni anno: il 70% dell'habitat dei koala in Australia si trova su terreni privati, dove non è facile fermare i tagli. E ci sono anche molte aree di proprietà dello stato che sono habitat perfetti per i koala ma sono soggette a prelievo di legno».
Conservare questi rifugi (e ripristinare l'ecosistema se i rifugi sono stati distrutti) è uno dei cinque "pilastri" del programma Koalas Forever: «Ci sono aree» ci spiega Pritchard «che sono particolarmente importanti perché si prevede che verranno meno colpite dai cambiamenti climatici, e resteranno quindi un habitat prezioso e intatto dove i koala possono rifugiarsi. Stiamo parlando di zone anche molto grandi, perché i koala hanno un areale molto ampio e variegato: se un'area ospita i koala significa che è in salute, e che anche le altre specie che ci abitano stanno bene».
Ricostruire l'habitat. Tutti questi interventi (conservazione, istituzione di nuove aree protette, stop ai tagli…) erano necessari anche prima del 2019, ma la devastazione causata dagli incendi per i due anni successivi li hanno resi urgenti e improrogabili – e hanno portato quindi alla nascita di Koalas Forever. «Gran parte dell'habitat dei koala oggi è frammentato, interrotto da radure causate dai tagli o dagli incendi: per questo stiamo lavorando, anche con la collaborazione delle popolazioni locali, per costruire corridoi ecologici che i koala possano attraversare in sicurezza. Stiamo ripiantando tantissimi alberi: solo quest'anno, e solo nella regione dei Northern Rivers nel New South Wales, abbiamo piantato più di 150.000 piante, di eucalipto e non solo».
Un po' di speranza. Fortunatamente, ci dice Pritchard, l'impresa di raddoppiare in meno di trent'anni una popolazione che è in declino da decenni è resa un po' più facile dalla collaborazione di tutte le parti in causa, a partire dal governo australiano: «A febbraio di quest'anno il governo ha cambiato la classificazione del koala da "vulnerabile" a "in pericolo". Questo ha colpito molto la Nazione, e il Governo stesso ha intensificato gli investimenti e sembra più attento alla situazione». Lo stesso vale per la popolazione, che dopo l'estate nera ha capito che «sono rimasti talmente pochi koala che ogni singolo esemplare conta: ecco perché abbiamo anche una rete di ospedali da campo che si occupano di curare gli animali feriti o rimasti orfani, e di reintrodurli in natura – con risultati finora eccellenti e un tasso di sopravvivenza molto alto». Sembra insomma che i koala stiano riuscendo nell'impresa di mettere (quasi) tutti d'accordo, e di convincere un intero continente a lottare per la loro sopravvivenza. D'altra parte, come dice Pritchard, «i koala sono un simbolo: se non riusciamo a salvare neanche loro, che speranza abbiamo per il resto del Pianeta?».