Gli scimpanzé sono intelligenti, ma non come noi; un bambino umano ha capacità cognitive più spiccate di una scimmia adulta... Negli ultimi 20 anni, centinaia di studi scientifici hanno contribuito a formare una certa idea sul cervello dei primati e le sue facoltà, immagine che però potrebbe essere stata viziata da preconcetti poco scientifici ed errori metodologici.
Lo denuncia uno studio inglese e statunitense pubblicato su Animal Cognition: la solida convinzione che l'uomo si trovi in cima all'albero evolutivo della sua famiglia ha portato alla sistematica esaltazione delle sue capacità di ragionamento e, allo stesso tempo, a discriminare le doti cognitive delle scimmie, ignorando le differenze tra una specie e l'altra e il loro significato.
Poco rigore. I tre autori dello studio, delle Università del Sussex, di Portsmouth e della Georgia State University, portano alcuni esempi tratti dalla letteratura. Se per esempio una scimmia indica un oggetto lontano, il significato del gesto verrà letto come ambiguo; se lo fa un umano, si dirà che quell'abilità è un prodotto dell'evoluzione, unico nel mondo animale.
O ancora, in un'ampia serie di esperimenti sono stati confrontati bambini allevati in famiglie occidentali, quindi esposti a un certo tipo di comunicazione non verbale, con scimmie cresciute senza questa esposizione culturale. Una volta testati usando - ancora una volta - codici di comunicazione occidentale, i bambini hanno ottenuto risultati migliori. Difficile però dire, a questo punto, se per un vantaggio evolutivo o una questione di apprendimento.
Differenze trascurate. Altri studi hanno comparato bambini di 12 mesi a scimmie di 18-19 anni, senza tenere però conto delle differenze che gli animali mostrano alle varie età, se allevati in contesti diversi o con storie individuali diverse. In principio questi studi sembravano indicare che solo l'uomo è capace di indicare un oggetto lontano, facendovi riferimento. Più di recente, sistemando i vari errori di metodo, è stato dimostrato che le scimmie adulte, come i bambini umani, sanno comunicare informazioni su oggetti distanti.
Come rimediare? Gli autori suggeriscono quattro strade. Si potrebbe ricorrere più spesso al cross-fostering, una forma temporanea di adozione incrociata in cui le scimmie vengono allevate dall'uomo per un certo periodo, a scopo di ricerca. La strada è difficile e per certi versi controversa, ma questo tipo di studio ha dimostrato che i primati sviluppano così una forma di comunicazione non verbale molto più simile a quella umana.
Occorre poi riferirsi soltanto a variabili che siano misurabili e testabili da altri scienziati; ricorrere più spesso al training degli esemplari studiati (senza dimenticare, cioè, che i bambini sono esposti a "continuo apprendimento"); infine, fare attenzione al campione: troppo spesso si confrontano gruppi di scimmie con bambini cresciuti in famiglie occidentali, ricche, ben istruite, in contesti industrializzati e democratici.
Un problema, quest'ultimo, che riguarda peraltro una fetta molto ampia di studi scientifici, non solo in tema di primati.