I pipistrelli riescono a muoversi di notte, anche al buio più completo, grazie all'eco degli ultrasuoni che emettono: ascoltandolo, riescono a costruirsi un quadro del paesaggio nei più minuti dettagli. Ma a volte si spostano di molti chilometri per andare a nutrirsi: come fanno a tornare indietro? Secondo ricercatori di università tedesche, inglesi e israeliane, che hanno pubblicato la scoperta sulla rivista Nature Communication, prima di partire riescono a "leggere" la direzione di polarizzazione della luce nel cielo e usarla come filo di Arianna, per tornare dopo avere percorso lunghe distanze.
Un sistema ultrapreciso. I pipistrelli usano gli ultrasuoni solo per brevi distanze, dai 5 ai 50 metri dal rifugio. Se si allontanano di molto, per tornare alla tana possono usare il campo magnetico terrestre, come se avessero una bussola in testa; si sa che lo fanno squali, insetti e uccelli. Ma l'evoluzione ha dotato i pipistrelli di un doppio sistema di controllo.
Per dimostrarlo i ricercatori hanno spostato alcune femmine di vespertilio maggiore (Myotis myotis) in una scatola, consentendolo loro di osservare la luce del cielo, al naturale o con la direzione della polarizzazione modificata. Hanno quindi scoperto che, come fanno altri animali (ma nessun altro mammifero, per quanto ne sappiamo), i pipistrelli osservano con attenzione la luce del tramonto, quando la polarizzazione è più forte.
In questo modo calibrano e rendono più preciso il senso magnetico, e quando ripartono arrivano a casa con più precisione. Gli animali che hanno osservato la luce del tramonto con una polarizzazione modificata hanno invece sbagliato la direzione del ritorno, dimostrando l'utilità della percezione.















