Scoperto nell'800 e classificato nel 1831 dal British Museum come "lucertola", il tuatara (Sphenodon punctatus) è uno dei rettili più misteriosi del pianeta: è l'unico rappresentante non estinto dell'ordine dei rincocefali, è endemico della Nuova Zelanda e ha una serie di caratteristiche fisiche, definite arcaiche, che lo distinguono da tutti gli altri rettili.
Ora il genoma del tuatara, che è uno dei più grandi del mondo, addirittura il 50% di più di quello dell'essere umano, è stato per la prima volta sequenziato per intero: lo studio, pubblicato su Nature, dimostra come questo animale sia realmente unico al mondo.
Il tesoro speciale. Tuatara è una parola maori che significa "spine sulla schiena"; un altro termine utilizzato in Nuova Zelanda per riferirsi all'animale è taonga, ossia "tesoro speciale". E il tuatara è in effetti un animale unico, dalle abitudini notturne, in grado di vivere fino a un secolo, di sopportare temperature rigidissime e di trattenere il fiato per un'ora intera, ed è anche dotato di un terzo occhio incapace di elaborare immagini e usato invece per percepire i cambiamenti nella luminosità ambientale. Tutte caratteristiche che non si ritrovano in nessun altro rettile, e infatti l'ultimo antenato in comune tra il tuatara e il resto della sua classe risale a 250 milioni di anni fa: era chiaro fin da subito che lo studio del suo genoma avrebbe riservato sorprese.
Un Frankenstein genetico. Il sequenziamento ha rivelato che il genoma del tuatara ha qualcosa in comune con quello degli altri rettili, compresi gli uccelli, ma anche, inaspettatamente, con quello dei mammiferi. Ciò non significa che il tuatara sia strettamente imparentato con noi, ma al contrario che, come si legge nello studio, "rappresenta un legame importante con tutti quei rettili ormai estinti dai quali si sono evoluti i dinosauri, i rettili moderni, gli uccelli e i mammiferi, e quindi è fondamentale per la comprensione dell'evoluzione degli amnioti", ossia rettili, uccelli e mammiferi, appunto.
Per questo è indispensabile proteggerli, mantenendo le piccole isole della Nuova Zelanda dove sono sopravvissuti libere da roditori, maiali, cani e gatti che, introdotti dall'uomo bianco a partire da due secoli fa (e oggi fortunatamente sotto controllo), hanno rischiato di portare i tuatara all'estinzione.