Le abitudini alimentari all'origine del successo ecologico del tarlo asiatico, il famigerato coleottero venuto dall'Oriente ghiotto di verde urbano, sono dovute a un unico set di geni, che gli consente di digerire facilmente legname dalla provenienza più disparata.
L'insetto invasivo che si nutre di tronco e corteccia delle piante cittadine, e che nei parchi occidentali ha pochi predatori noti, può contare, rispetto ad altri coleotteri, su un arsenale genetico che gli permette di estrarre le massime quantità di energia dalla sua dieta a base di legno, e di sbarazzarsi facilmente delle sostanze chimiche dannose che essa comporta.
All'origine del problema. I ricercatori dell'Università di Memphis hanno confrontato il DNA del tarlo asiatico del fusto (Anoplophora glabripennis) con quello di altri 14 insetti meno "di bocca buona". La specie studiata è morfologicamente simile al tarlo asiatico che si trova, per esempio, in Lombardia (Anoplophora chinensis).
Digestione efficiente. Il tarlo asiatico del fusto presenta oltre 1000 geni non riscontrabili in altri insetti artropodi. Tra questi geni, ben 86 (un numero insolitamente alto) codificano per gli enzimi della famiglia glicoside idrolasi, che permettono all'animale di degradare tutti i principali polisaccaridi presenti nelle cellule delle piante, e ottenere gli zuccheri necessari alla sopravvivenza.
Molto adattabile. Soprattutto, si tratta di enzimi molto diversi tra loro, un fatto che permette all'insetto di nutrirsi di una gamma di piante incredibilmente alta, in ogni angolo di Terra. La ricerca dà ragione della pervasività di questa e altre simili specie invasive, e fornirà forse strumenti per contrastarne l'avanzata.