Tra le tante caratteristiche del vombato (fam. Vombatidae), un piccolo e raro marsupiale australiano dalle zampe corte e dall'aspetto simile a quello di un roditore, quella più curiosa riguarda la sua digestione: lo schivo mammifero produce feci a forma di cubo, che delimitano l'ingresso delle sue tane e che spesso ne denunciano la presenza quando chi le ha create se ne sta ben nascosto.
Questi escrementi sono il risultato di un adattamento evolutivo preciso, che fa in modo che non rotolino via ma rimangano a segnare il territorio, saldi come mattoni. Come il vombato riesca a produrli in una foggia così strana rimane un mistero: quella a parallelepipedo è una forma molto rara in natura (e quando la si trova capita, appunto, di interrogarsi sulla sua origine).
Prodotto finale. Patricia Yang, ricercatrice in ingegneria meccanica al Georgia Institute of Technology ed esperta di idrodinamica dei fluidi corporei, ha condotto uno studio sulla questione: i risultati, presentati al 71esimo meeting annuale dell'American Physical Society Division of Fluid Dynamics di Atlanta, spaziano in ambiti anche meno intestinali.
Yang e colleghi hanno studiato l'apparato digerente di vombati morti per incidenti stradali. Il cibo impiega 2 settimane e mezzo a percorrere l'intero tratto intestinale di questi animali, ma è solo negli ultimi 8 cm di "tubo" che si solidifica, e passa da una forma tubolare al caratteristico aspetto a dado, di circa 2 cm per lato.
Modellato a dovere. Gli scienziati hanno scoperto che questa trasformazione è causata dalle diverse proprietà elastiche della parete intestinale, che provoca differenti sollecitazioni di pressione sul materiale in transito. I punti più rigidi, che portano una maggiore deformazione elastica, appiattiscono le feci, mentre quelli più "morbidi" lasciano che si formino gli angoli: i ricercatori lo hanno appurato inserendo un palloncino rigonfio tra le pareti intestinali e osservando come veniva deformato nei vari punti.
Prendiamo esempio. Lo studio, che ci aspettiamo di incontrare in uno dei prossimi IgNobel, potrebbe avere ricadute sia nelle tecnologie industriali e manifatturiere (cioè sul modo in cui fabbrichiamo gli oggetti a forma di cubo) sia nello studio di come i tessuti del corpo umano trasportano il cibo nell'intestino.